DM's opera site
libretti & information
ComposersOperasLinksForumAbout
Other “Il trittico (Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi)” libretti [show]
Italian
English
German
Line-by-line [show]
English
German

Il trittico (Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi)” by Giacomo Puccini libretto (Italian)

 Print-frendly
Contents: Il Tabarro; Suor Angelica; Gianni Schicchi
Il tabarro

Personaggi

Michele, padrone del barcone (50 anni) — baritono
Luigi, scaricatore (20 anni) — tenore
Il “Tinca”, scaricatore (35 anni) — tenore
Il “Talpa”, scaricatore (55 anni) — basso
Giorgetta, moglie di Michele (25 anni) — soprano
La Frugola, moglie del Talpa (50 anni) — mezzosoprano
Un venditore di canzonette — tenore
Scaricatori, Midinettes — coro
Due amanti — soprano, tenore
Un suonatore d'organetto.

Un angolo della Senna, dove è ancorato il
barcone di Michele. La barca è congiunta al
molo con una passerella. Nel fondo il profilo
della vecchia Parigi e la mole maestosa di
Notre-Dame staccano sul cielo rosso. Sempre
nel fondo, a destra, sono i caseggiati che
fiancheggiano il lungo-Senna e alti platani
lussureggianti.

Il barcone ha tutto il carattere delle
consuete imbarcazioni che navigano la Senna.
Il timone campeggia in alto della cabina. E la
cabina è tutta linda e ben dipinta con le sue
finestrette verdi, il fumaiolo e il tetto piano, a
mo’ d’altana, sul quale sono alcuni vasi di
geranii. Su una corda sono distesi i panni ad
asciugare. Sulla porta della cabina, la gabbia
dei canarini. È il tramonto.

Sulla sponda sta un carro con un cavallo,
sacchi di cemento vi sono accatastati; gli
scaricatori salgono dalla stiva col loro sacco
pesante sulle spalle e lo portano sul carro.

Michele colla pipa spenta, è immobile
presso il timone guardando il sole che
tramonta. Giorgetta è intenta a diverse
faccende; ritira alcuni panni stesi ad
asciugare; cava un secchio d’acqua dal fiume
e innaffia i suoi fiori; ripulisce la gabbia dei
canarini. Suoni di sirena di rimor - chiatore e
cornetta d’automobile.

GIORGETTA
O Michele? Michele?
Non sei stanco d’abbacinarti al sole che
tramonta?
Ti sembra un gran spettacolo?

MICHELE
Sicuro!

GIORGETTA
Lo vedo bene: dalla tua pipa
il fumo bianco non sbuffa più.

MICHELE (accennando agli scaricatori)
Han finito laggiù?

GIORGETTA
Vuoi che discenda?

MICHELE
No. Resta. Andrò io stesso.

GIORGETTA
Han lavorato tanto! Come avean promesso,
la stiva sarà sgombra,
e per doman si potrà caricare.

SCARICATORI
Oh! Issa! Oh!
GIORGETTA
Bisognerebbe compensare questa loro fatica;
un buon bicchiere!

MICHELE
Ma certo. Pensi a tutto,
cuore d’oro!

SCARICATORI
Oh! Issa! oh! Un giro ancor!
Se lavoriam senza ardore
si resterà ad ormeggiare
e Margot con altri ne andrà.

MICHELE
Porta loro da bere.

GIORGETTA
Sono alla fine, prenderanno forza.

MICHELE
Il mio vinello smorza la sete e li ristora.

SCARICATORI
Oh! Issa! oh! Un giro ancor!
Non ti stancar, battelliere;
dopo potrai riposare,
e Margot felice sarà.

MICHELE
(avvicinandosi a Giorgetta affettuosamente)
E a me non hai pensato?
GIORGETTA (scostandosi un poco)
A te? Che cosa?

MICHELE (cingendola con un braccio)
Al vino ho rinunciato;
ma, se la pipa è spenta,
non è spento il mio ardore.

SCARICATORI
Oh! Issa! oh! Un giro ancor!
Ora la stiva è vuotata,
chiusa è la lunga giornata
e Margot amor ti darà.

MICHELE
Un tuo bacio, o mio amore...
(La bacia: Giorgetta gli porge la guancia e non
la bocca. Michele s’avvia verso la stiva e vi
discende.)


LUIGI
(passando dalla banchina sul barcone)
Si soffoca, padrona!

GIORGETTA
Lo pensavo. Ho quel che ci vuole.
Sentirete che vino!
(Entra nella cabina.)

IL TINCA
(uscendo dalla stiva col carico sulle spalle)

Saoohi dannati! mondo birbone!
Spicciati, Talpa! Si va a mangiare!

IL TALPA
(salendo dalla stiva col carico sulle spalle)

Non aver fretta! non mi seccare!
Ah! questo sacco spacca il groppone!
(scotendo la testa e tergendosi il sudore col
rovescio della mano)

Dio! che caldo!
O Luigi, ancora una passata.

LUIGI
Eccola la passata! Ragazzi, si beve!
Qui, tutti insiem, lesti!
Lesti! Pronti!
Nel vino troverem l’energia per finir!

(Tutti attorniano Giorgetta che distribuisce i
bicchieri.)


GIORGETTA
Come parla difficile!
Ma certo, vino alla compagnia!
Qua, Talpa! Al Tinca! A voi, prendete!

IL TALPA
Alla salute vostra il vino si beva!
S’alzi il bicchieri Bevo! Viva!
Tanta felicità per la gioia che dà!

GIORGETTA
Se ne volete ancor.

IL TALPA
Non si rifiuta mai!
(Giorgetta mesce di nuovo al Talpa.)

GIORGETTA (agli altri)
Avanti coi bicchieri!

LUIGI
(indicando un suonatore di organetto che
passa sulla banchina)

Guarda là l’organetto.
È arrivato in buon punto.

IL TINCA
In questo vino affogo i tristi pensieri.

Bevo al padron! Viva!
(a Giorgetta che mesce ancora)
Grazie, grazie.
L’unico mio piacer sta qui in fondo al
bicchier.

LUIGI (al suonatore)
Ei, là! Professore! Vien qua.
(agli amici)
Sentirete che artista.
GIORGETTA (a Luigi)
IO capisco una musica sola:
Quella che fa ballare.

IL TINCA (si fa avanti)
Ma sicuro!
Ai suoi ordini sempre, e gamba buona.

GIORGETTA
To’! Io ti prendo in parola.

IL TINCA
Ballo con la padrona!
(Il Tinca e Giorgetta ballano. Luigi e il Talpa si
tappano le orecchie alle stonature
dell'organetto. Il Tinca non riesce a prendere il
passo d'accordo con Giorgetta.)


LUIGI
La musica e la danza van d’accordo!
(al Tinca)
Sembra che tu pulisca il pavimento.

GIORGETTA
Ahi! m’hai pestato un piede!

LUIGI
(allontanando il Tinca con una spinta e sostituendolo)
Va, lascia, son qua io.
(Luigi balla con Giorgetta; questa si
abbandona languidamente fra le braccia di Luigi.)


IL TALPA
Ragazzi, c’è il padrone.
(Michele appare dalla stiva. I due smettono di
ballare; Luigi fa cenno di smettere al
suonatore e gli dà una moneta. Il suonatore se
ne va. Luigi e gli altri scaricatori scendono
nella stiva, mentre Michele si avvicina a
Giorgetta. Lei si dà una ravviata ai capelli.)


GIORGETTA (a Michele)
Dunque, che cosa credi?
Partiremo la settimana prossima?

MICHELE
Vedremo.

GIORGETTA
Il Talpa e il Tinca restano?

MICHELE
Resterà anche Luigi.

GIORGETTA
Ieri non lo pensavi.

MICHELE
Ed oggi, penso.
GIORGETTA
Perché?

UN VENDITORE DI CANZONETTE
Chi vuol l’ultima canzonetta?

MICHELE
Perché non voglio ch’egli crepi di fame.

GIORGETTA
Quello s’arrangia sempre.

MICHELE
Lo so, s’arrangia, è vero...

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Chi la vuole?

MICHELE
...ed è per questo che non conclude nulla.

GIORGETTA
Con te non si sa mai chi fa
male o fa bene.

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Chi la vuole?

MICHELE
Chi lavora si tiene.
(Si ode una sirena lontana di rimorchiatore.)
GIORGETTA
Già discende la sera.
Oh che rosso tramonto di settembre,
che brivido d’autunno!
Non sembra un grosso arancio
questo sole che muore nella Senna?
Guarda laggiù la Frugola!

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Chi la vuole, con musica e parole?

GIORGETTA
La vedi?
Cerca di suo marito e non lo lascia.

MICHELE
È giusto, beve troppo.

GIORGETTA
Non lo sai che è gelosa?
(scrutando Michele)
O mio uomo, non sei di buon umore.

Che hai? Che guardi? E perché taci?

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Chi la vuole l’ultima canzonetta?
(Il venditore di canzonette appare sulla strada
al di là della Senna, seguito da un uomo che
porta una piccola arpa ad armacollo. Alcune

Midinettes, che escono da una casa di mode,
Io attorniano.)


MIDINETTES
Bene, bene!
Sì, sì!
(L’arpista si siede su un piccolo sgabello
portatile e si accinge a suonare.)


MICHELE
T’ho mal fatto scenate?

GIORGETTA
Lo so bene: tu non ml batti.

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Primavera, primavera,
non cercare più i due amanti...

MICHELE
Che? lo vorresti?

GIORGETTA
Ai silenzi talvolta, SÌ, preferirei
lividi di percosse!

IL VENDITORE DI CANZONETTE
...là fra l’ombre della sera.
(Michele, senza rispondere, risale il barcone, e
si mette a fissar meglio una corda d’amarra.)

Primavera, primavera!
Chi ha vissuto per amore,
per amore si morì.
È la storia di Mimi.
(Le ragazze comprano la canzonetta.)

GIORGETTA (che ha seguito Michele)
Dimmi almeno che hai.

MICHELE
Nulla, nulla.

IL VENDITORE DI CANZONETTE
Chi aspettando sa che muore
conta ad ore le giornate
con i battiti del cuore...

GIORGETTA
Quando siamo a Parigi
io mi sento felice.

MICHELE
Si capisce.

GIORGETTA
Perché?

IL VENDITORE DI CANZONETTE
...conta ad ore le giornate.
Ma l’amante non tornò,
e i suoi battiti finì
anche il cuore di Mimi.
(Il venditore di canzonette s'allontana seguito
dall’arpista; le ragazze, leggendo sui foglietti
comperati, sciamano, ripetendo l’ultima strofa
della canzonetta.)


MIDINETTES
Conta ad ore le giornate,
ma l’amante non tornò,
e i suoni battiti finì,
larà, larà, larà,
anche il cuore di Mimi.

(La Frugola è apparsa sulla banchina,
attraversa la passerella e sale sul barcone.
Ha sulle spalle una vecchia sacca gonfia
di ogni sorta di roba raccattata.)


LA FRUGOLA
O eterni innamorati, buona sera!

GIORGETTA
Oh, buona sera, Frugola.
(Michele, dopo di aver salutato con un gesto la
Frugola si allontana ed entra nella cabina.)


LA FRUGOLA
Il mio uomo ha finito il lavoro?
Stamattina non ne poteva più dal mal di reni.
Faceva proprio pena.
Ma l’ho curato io: una buona frizione,
e il mio rum l’ha bevuto la sua schiena!

(Getta a terra la sacca e vi fruga dentro,
cavandone vari oggetti.)
Ah, Giorgetta, guarda; un pettine fiammante!
Se lo vuoi, te lo dono.
È quanto del più buono
ho raccolto in giornata.

GIORGETTA (prendendo il pettine)
Hanno ragione di chiamarti Frugola;
tu rovisti ogni angolo ed hai la sacca piena.

LA FRUGOLA
Se tu sapessi gli oggetti strani
che in questa sacca sono racchiusi!
Guarda, guarda!
È per te questo ciuffo di piume.
Trine e velluti, stracci, barattoli.
Vi son confusi gli oggetti strani.
Strane reliquie,
i documenti di mille amori.
Gioie e tormenti quivi raccolgo
senza distinguere fra i ricchi e il volgo.

GIORGETTA
E in quel cartoccio?

LA FRUGOLA
Cuore di manzo per Caporale,
il mio soriano dal pelo fulvo,
dall’occhio strano che non ha uguale.
GIORGETTA
Gode dei privilegi il tuo soriano.

LA FRUGOLA
Li meritai Vedessi!
È il più bel gatto, il mio più bel romanzo.
Quando il mio Talpa è fuori, mi tiene compagnia,
ed insieme noi filiamo, noi filiam i nostri amori
senza puntigli e senza gelosia.
Vuoi saperla la sua filosofia?
Ron, ron, ron:
meglio padron in una catapecchia
che servo in un palazzo.
Ron, ron, ron, ron, ron:
meglio cibarsi con due fette di cuore
che logorare il proprio nell’amor.

IL TALPA
(salendo dalla stiva, seguito da Luigi)

To’! guarda la mia vecchia!
Che narravi?

LA FRUGOLA
Parlavo con Giorgetta del soriano.

(Si ode una tromba d’automobile, lontana.)
MICHELE (uscendo dalla cabina)
O Luigi, domani si carica del ferro.
Viene a darci una mano?

LUIGI
Verrò, padrone.
(Il Tinca viene dalla stiva, seguito dagli altri
scaricatori che se ne vanno per la banchina
dopo di avere salutato Michele.)


IL TINCA
Buona notte a tutti.

IL TALPA (al Tinca)
Hai tanta fretta?

LA FRUGOLA
Corri ad ubriacarti?
Ah, se fossi tua moglie!

IL TINCA
Che fareste?

LA FRUGOLA
Ti pesterei finché non la smettessi
di passar le notti all’osteria.
Non ti vergogni?

IL TINCA
No, no, no! Fa bene il vino!
Si affogano i pensieri di rivolta:
che se bevo non penso,
e se penso non rido.
Ah! ah! ah! ah!
(S’incammina sghignazzando, mentre Michele
discende nella stiva.)


LUIGI (fermando il Tinca)
Hai ben ragione; meglio non pensare,
piegare il capo ed incurvar la schiena.
Per noi la vita non ha più valore,
ed ogni gioia si converta in pena.
I sacchi in groppa e giù la testa a terra!
Se guardi in alto, bada alla frustata.
Il pane lo guadagni col sudore,
e l’ora dell’amore va rubata.
Va rubata fra spasimi e paure,
che offuscano l’ebbrezza più divina.
Tutto è conteso, tutto ci è rapito,
la giornata è già buia alla mattina.
Hai ben ragione; meglio non pensare,
piegare il capo ed incurvar la schiena!

IL TINCA
Segui il mio esempio: bevi!

GIORGETTA
Basta!

IL TINCA
Non parlo più.
A domani, ragazzi, e state bene!
(S’incammina e scompare per la banchina.)

IL TALPA (alla Frugola)
Ce n’andiamo anche noi?
Son stanco morto.

LA FRUGOLA
Ah, quando mai potremo comprarci una
bicocca?
Là ci risposeremo.

GIORGETTA
È la tua fissazione, la campagna.

LA FRUGOLA
Ho sognato una casetta
con un piccolo orticello.
Quattro muri, stretta stretta,
e due pini per ombrello.
Il mio vecchio steso al sole,
ai miei piedi Caporale
e aspettar così la morte
che è rimedio d’ogni male.

GIORGETTA
È ben altro il mio sogno!
Son nata nel sobborgo,
e solo l’aria di Parigi m’esalta,
m’esalta e mi nutrisce.
Ah! se Michele un giorno abbandonasse
questa logora vita vagabonda!
Non si vive là dentro,
fra il letto ed il fornello.
TU avessi visto la mia stanza, un tempo!

LA FRUGOLA
Dove abitavi?

GIORGETTA
Non lo sai?

LUIGI
Belleville!

GIORGETTA
Luigi lo conosce.

LUIGI
Anch’io ci son nato.

GIORGETTA
Come me, come me l’ha nel sangue.

LUIGI
Non ci si può staccare.

GIORGETTA
Bisogna aver provato.
Belleville è il nostro suolo, è il nostro mondo.
Noi non possiamo vivere sull’acqua.
Bisogna calpestare il marciapiede.
Là c’è una casa, là ci sono amici,
festosi incontri e piene confidenze.
LUIGI
Ci si conosce tutti.
S’è tutta una famiglia.

GIORGETTA
Al mattino, Il lavoro che ci aspetta.
Alla sera, i ritorni in comitiva.
Botteghe che s’accendono
di luci e di lusinghe,
vetture che s’incrociano,
domeniche chiassose.
Piccole gite in due al bosco di Boulogne.
Balli all’aperto, l’intimità amorose.
È difficile dire cosa sia
quest’ansia, questa strana nostalgia.

GIORGETTA, LUIGI
Ma chi lascia il sobborgo vuol tornare,
e chi ritorna, chi ritorna non si può staccare.
C’è là in fondo Parigi che ci grida
con mille voci liete
il suo fascino immortal.

LA FRUGOLA
Adesso ti capisco;
qui la vita è diverso.
IL TALPA
Se s’andasse a mangiare?
(a Luigi)
Che ne dici?

LUIGI
Io resto,
ho da parlare col padrone.

IL TALPA
Quand’è così, a domani.

LA FRUGOLA
Miei vecchi, buona notte.
(S’avvia col Talpa a braccetto.)

LA FRUGOLA, IL TALPA
HO sognato una casetta
con un piccolo orticello.
Quattro muri, stretta stretta
e due pini per ombrello.
Il mio vecchio steso al sole,
ai miei piedi Caporale,
e aspettar così la morte
che è rimedio d’ogni male.
(Si odono cantare voci lontani.)

GIORGETTA
O Luigi! Luigi!
(Luigi s’avvicina a Giorgetta che con un gesto
lo ferma.)

Bada a te, può salir fra un momento.
Resta pur là, lontano.

LUIGI
Perché dunque Inasprisci Il tormento?
Perché mi chiami invano?

GIORGETTA
Vibro tutta se penso a iersera,
all’ardor dei tuoi baci!

LUIGI
In quei baci tu sai cosa c’era.

GIORGETTA
SÌ, mio amore, mio amore, ma taci.

LUIGI
Quale folle paura ti prende?

GIORGETTA
Se ci scopre, è la morte!

LUIGI
Preferisco morire,
alla sorte che ti tiene legata!

GIORGETTA
Ah, se fossimo soli, lontani.

LUIGI
E sempre uniti.
GIORGETTA
E sempre innamorati.
Dimmi che non mi manchi.

LUIGI (facendo per correre a lei)
Mai!

GIORGETTA
Sta attento!
(Apparisce Michele dalla stiva.)

MICHELE (a Luigi)
Come? Non sei andato?

LUIGI
Padrone, v’ho aspettato
perché volevo dirvi quattro parole sole;
intanto ringraziarvi d’avermi tenuto.
Poi volevo pregarvi se lo potete fare
di portarmi a Rouen e là farmi sbarcare.

MICHELE
A Rouen? Ma sei matto?
La non c’è che miseria,
ti troveresti peggio.

LUIGI
Sta bene. Allora resto.
(Michele s’avvia verso la cabina.)
GIORGETTA (a Michele)
Dove vai?

MICHELE
A preparare i lumi.

LUIGI
Buona notte, padrone.

MICHELE
Buona notte.
(Entra nella cabina.)

GIORGETTA
Dimmi:
perché gli hai chiesto di sbarcarti a Rouen?

LUIGI
Perché non posso dividerti con lui.

GIORGETTA
Hai ragione: è un tormento.
Anch’io ne son presa, anch’io la sento
ben più forte di te, questa catena.
Hai ragione:
è un tormento, è un’angoscia, una pena;
ma quando tu mi prendi,
è pur grande, è pur grande il compenso.

LUIGI
Par di rubar insieme qualche cosa alla vita.
GIORGETTA
La voluttà è più intensa!

LUIGI
È la gioia rapita fra spasimi e paure.

GIORGETTA
In una stretta ansiosa.

LUIGI
Fra grida soffocate,
e baci senza fine.

GIORGETTA
E parole sommesse.

LUIGI
E baci senza fine.

GIORGETTA
Giuramenti e promesse...

LUIGI
...d’esser soli noi.

GIORGETTA
Noi soli, via, via, lontani.

LUIGI
Noi tutti soli, lontani dal mondo.
(sussultando)
È lui?

GIORGETTA
No, non ancora.
Dimmi che tornerai più tardi.

LUIGI
Sì, fra un’ora.

GIORGETTA
Ascolta:
come ieri lascerò la passerella.
Sono io che la tolgo.
Hai le scarpe di corda?

LUIGI
Sì.
Fai lo stesso segnale?

GIORGETTA
Sì, il fiammifero acceso.
Come tremava sul braccio mio teso
la piccola fiammella.
Mi pareva d’accendere una stella,
fiamma del nostro amore,
stella senza tramonto.

LUIGI
IO voglio la tua bocca,
voglio le tue carezze.
GIORGETTA
Dunque anche tu lo senti
folle il desiderio.

LUIGI
Folle di gelosia!
Vorrei tenerti stretta come una cosa mia.
Vorrei non più soffrir, non più soffrir
che un altro ti toccasse,
e, per sottrarre a tutti
il corpo tuo divino
io te lo giuro, lo giuro
non tremo a vibrare il coltello
e con gocce di sangue
fabbricarti un gioiello.
(Luigi fugge rapidamente spinto da Giorgetta.)

GIORGETTA
Come è difficile esser felici!
(Michele, recando i fanali accesi, viene dalla cabina.)

MICHELE
Perché non vai a letto?

GIORGETTA
E tu?

MICHELE
No, non ancora.
GIORGETTA
Penso che hai fatto bene a trattenerlo.

MICHELE
Chi mai?

GIORGETTA
Luigi.

MICHELE
Forse ho fatto male.
Basteranno due uomini:
non c’è molto lavoro.

GIORGETTA
Il Tinca lo potresti licenziare -
beve sempre.

MICHELE
S’ubriaca per calmare i suoi dolori.
Ha per moglie una bagascia!
Beve per non ucciderla.
(Giorgetta appare turbata e nervosa.)
Che hai?

GIORGETTA
Son tutte queste storie
che a me non interessano.

MICHELE
(avvicinandosi a Giorgetta con commozione)
Perché, perché non m’ami più?
Perché?

GIORGETTA
TU sbagli, t’amo.
TU sei buono e onesto.
Ora andiamo a dormire.

MICHELE
TU non dormi.

GIORGETTA
Lo sai perché non dormo.
E poi là dentro soffoco.
Non posso, non posso!

MICHELE
Ora le notti son tanto fresche.
E l’anno scorso là in quel nero guscio
eravamo pur tre,
c’era il lettuccio del nostro bimbo.

GIORGETTA
Il nostro bimbo! Taci, taci!

MICHELE
TU sporgevi la mano
e lo cullavi dolcemente, lentamente,
poi sul braccio mio t’addormentavi.

GIORGETTA
Ti supplico, Michele, non dir niente.

MICHELE
Erano sere come queste.
Se spirava la brezza,
vi raccoglievo insieme nel tabarro
come in una carezza.
Sento sulle mie spalle
le vostre teste bionde.
Sento le vostre bocche
vicino alla mia bocca.
Ero tanto felice! ah, tanto felice!
Ora che non c’è più
i miei capelli grigi
sembrano un insulto
alla tua gioventù.

GIORGETTA
Ah, ti supplico, Michele,
non dir niente. Ah, no!

MICHELE
Ah, mi sembrano un insulto
alla tua gioventù.

GIORGETTA
No, calmati, Michele.
Sono stanca, non reggo, vieni.

MICHELE
Ma non puoi dormire!
Sai bene che non devi addormentarti.

GIORGETTA
Perché mi dici questo?
MICHELE
Non SO bene.
Ma so che è molto tempo che non dormi.
(Cerca di attirare Giorgetta vicino a sé.)
Resta vicino a me.
Non ti ricordi altre notti,
altri cieli ed altre lune?
Perché chiudi il tuo cuore?
Ti rammenti le ore
che volavan via su questa barca
trascinate dall’onda?

GIORGETTA
Non ricordare.
Oggi è malinconia.

MICHELE
Ah, ritorna, ritorna come allora,
ritorna ancora mia,
quando tu m’amavi,
e ardentemente mi cercavi
e mi baciavi.
Quando tu m’amavi.
Resta vicino a me! La notte è bella!

GIORGETTA
Che vuoi! S’invecchia!
Non son più la stessa.
Tu pure sei cambiato.
Diffidi, ma che credi?

MICHELE
Non lo so nemmen io.
(Da una chiesa lontana giungono i rintocchi delle ore.)
GIORGETTA
Buona notte, Michele.
Casco dal sonno.

MICHELE
E allora va pure; ti raggiungo.
(Giorgetta entra nella cabina.)
Sgualdrina!
(Michele dispone i fanali rosso, verde e
bianco, ai posti fissati sul barcone. Nel mentre
passano due ombre di amanti sulla strada.)


TENORE
Bocca di rosa fresca...

SOPRANO
E baci di rugiada...

TENORE
O labbra profumate...

SOPRANO
...o profumata sera.
C’è la luna...

TENORE
...la luna che ci spia...
SOPRANO
...a domani, mio amore!

TENORE
Domani, amante mia!

SOPRANO
A domani, mio amore!

TENORE
Domani, amante mia!
(Una cornetta lontana suona il silenzio da una
caserma. Lentamente, cautamente, Michele si
avvicina alla cabina. Tende l’orecchio.)


MICHELE
Nulla!...Silenzio!
(strisciando verso la parete e spiando nell’interno)
È là. Non s’è spogliata, non dorme.
Aspetta. Chi? Che cosa aspetta?
Chi? Chi? Forse il mio sonno.
Chi l’ha trasformata?
Qual ombra maledetta è discesa fra noi?
Chi l’ha insidiata?
Il Talpa? - Troppo vecchio.
Il Tinca forse? No, no, non pensa - beve.
E dunque chi? Luigi?
No, se proprio questa sera voleva abbandonarmi,
e m’ha fatto preghiera di sbarcarlo a Rouen.
Ma chi dunque? Chi dunque? Chi sarà?
Squarciare le tenebre!
Vedere! E serrarlo così, fra le mie mani!
E gridargli: Sei tu! Sei tu!
E gridargli: Sei tu! Sei tu!
Il tuo volto livido sorrideva alla mia pena!
Sei tu! Sei tu! Su! su! su!
Dividi con me questa catena.
Ravvolgimi con te nella tua sorte.
Giù insiem nel gorgo più profondo.
Dividi con me questa catena.
Accomuna la tua con la mia sorte.
La pace è nella morte!
(S’accascia sfibrato. La notte è buia.
Leva di tasca la pipa e l’accende.
Dopo qualche momento Luigi, che stava in attesa
del segnale sulla banchina, attraversa di corsa la
passerella e balza sul barcone.
Michele vede l’ombra, sussulta e si mette in gguato.
Riconosce Luigi, di colpo si precipita
e lo afferra alla gola.)

T’ho colto!

LUIGI
Sangue di Dio! Son preso!
MICHELE
Non gridare!
Che venivi a cercare?
Volevi la tua amante?

LUIGI
Non è vero!

MICHELE
Mentisci!
Confessa, confessa!

LUIGI
Non è vero!

MICHELE
Volevi la tua amante?

LUIGI (tirando fuori il coltello)
Ah, perdio!

MICHELE
(afferrando il braccio di Luigi e forzandolo a
lasciare il coltello)

Giù il coltello!
Non mi sfuggi, canaglia!
Anima di forzato! Verme!
Volevi andare giù, a Rouen, non è vero?
Morto ci andrai, nel fiume.

LUIGI
Assassino, assassino!
MICHELE
Confessami che l’ami.
Confessa, confessa!

LUIGI
Lascia, lascia, lasciami!

MICHELE
No, infame, infami!
Se confessi, ti lascio.

LUIGI
SI.

MICHELE
Ripeti, ripeti!

LUIGI
SÌ, l’amo.

MICHELE
Ripeti, ripeti!

LUIGI
L’amo.

MICHELE
Ripeti!

LUIGI
L’amo.
MICHELE
Ancora.

LUIGI
L’amo. Ah!
(Luigi resta aggrappato a Michele in una
suprema contorsione di morte.)


GIORGETTA (dalla cabina)
Michele! Michele!
(Apre la porta della cabina.)
Ho paura, Michele.
(Sentendo la voce di Giorgetta, Michele
rapidamente ravvolge nel tabarro il cadavere
di Luigi aggrappato a lui, e si siede. Giorgetta
s’avvicina lentamente a Michele, guardando
intorno con ansia.)


MICHELE
Avevo ben ragione; non dovevi dormire.

GIORGETTA
Son presa dal rimorso d’averti dato pena.

MICHELE
Non è nulla, i tuoi nervi.

GIORGETTA
Ecco, è questo, hai ragione.
Dimmi che mi perdoni.
Non mi vuoi più vicina?
MICHELE
Dove? Nel mio tabarro?

GIORGETTA
Sì, vicina, vicina, SÌ.
Mi dicevi un tempo:
“Tutti quanti portiamo
un tabarro che asconde
qualche volta una gioia,
qualche volta un dolore.”

MICHELE
Qualche volta un delitto.
Vieni nel mio tabarro! Vieni!
Vien!

GIORGETTA
(Michele si erge terribile: apre il tabarro, il
cadavere di Luigi rotola ai piedi di Giorgetta:
afferra Giorgetta, la trascina e la piega contro
il volto dell’amante morto.)


Ah!

Fine dell’Opera

Libretto di Giuseppi Adami

libretto by Giuseppi Adami; Gioachino Forzano 
Contents: Il Tabarro; Suor Angelica; Gianni Schicchi

 Print-frendly

comments powered by HyperComments