Violetta Valéry (soprano) Flora Bervoix, sua amica (mezzosoprano) Annina, serva di Violetta, (soprano) Alfredo Germont (tenore) Giorgio Germont, suo padre (baritono) Gastone, Visconte di Létorières (tenore) Il barone Douphol (baritono) Il marchese d’Obigny (basso) Il dottor Grenvil (basso) Giuseppe, servo di Violetta (tenore) Un domestico di Flora (basso) Un commissionario (basso) Servi e signori amici di Violetta e Flora, Piccadori e mattadori, zingare, servi di Violetta e Flora, maschere PRELUDIO Salotto in casa di Violetta. Nel fondo c'è la porta che immette in un'altra sala; ve ne sono altre due laterali: a sinistra un caminetto con sopra uno specchio. Nel mezzo c'è una tavola riccamente imbandita. (Violetta seduta su un divano sta discorrendo col Dottore e con alcuni amici, mentre altri vanno ad incontrare quelli che sopraggiungono, tra i quali il Barone e Flora al braccio del Marchese.) CORO I Dell'invito trascorsa è già l'ora. Voi tardaste. CORO II Giocammo da Flora, e giocando quell'ore volar. VIOLETTA (va loro incontro) Flora, amici, la notte che resta d'altre gioie qui fate brillar. Fra le tazze più viva è la festa. FLORA, MARCHESE E goder voi potrete? VIOLETTA Lo voglio; al piacere m'affido, ed io soglio con tal farmaco i mali sopir. TUTTI Sì, la vita s'addoppia al gioir. (Il Visconte Gastone de Letorières entra con Alfredo Germont. I servi frattanto avranno imbandite le vivande.) GASTONE In Alfredo Germont, o signora, ecco un altro che molto v'onora; pochi amici a lui simili sono. VIOLETTA (Violetta dà la mano ad Alfredo, che gliela bacia.) Mio Visconte, mercé di tal dono. MARCHESE Caro Alfredo - ALFREDO Marchese - (Si stringono la mano.) GASTONE (ad Alfredo) T'ho detto: l'amistà qui s'intreccia al diletto. (Nel frattempo i servi hanno finito di preparare la tavola.) VIOLETTA Pronto è il tutto? (Un servo fa cenno di sì.) Miei cari, sedete: è al convito che s'apre ogni cor. TUTTI Ben diceste - le cure segrete fuga sempre l'amico licor. (Siedono in modo che Violetta resti tra Alfredo e Gastone; di fronte vi sarà Flora tra il Marchese ed il Barone; gli altri siedono a piacere. C'è un attimo di silenzio mentre vengono servite le portate. Violetta e Gastone si sussurrano.) È al convito che s'apre ogni cor. GASTONE Sempre Alfredo a voi pensa. VIOLETTA Scherzate? GASTONE Egra foste, e ogni dì con affanno qui volò, di voi chiese. VIOLETTA Cessate. Nulla son io per lui. GASTONE Non v'inganno. VIOLETTA Vero è dunque? Onde ciò? Nol comprendo. ALFREDO Sì, egli è ver. VIOLETTA Le mie grazie vi rendo. Voi, barone, non faceste altrettanto. BARONE Vi conosco da un anno soltanto. VIOLETTA Ed ei solo da qualche minuto. FLORA (sottovoce al Barone) Meglio fora se aveste taciuto. BARONE (piano a Flora) M'è increscioso quel giovin. FLORA Perché? A me invece simpatico egli è. GASTONE (ad Alfredo) E tu dunque non apri più bocca? MARCHESE (a Violetta) È a madama che scuoterlo tocca. VIOLETTA Sarò l'Ebe che versa. ALFREDO E ch'io bramo immortal come quella. TUTTI Beviamo. GASTONE O barone, né un verso, né un viva troverete in quest'ora giuliva? (Il Barone accenna di no.) Dunque a te - (indicando Alfredo) TUTTI Sì, sì, un brindisi. ALFREDO L'estro non m'arride. GASTONE E non sei tu maestro? ALFREDO (a Violetta) Vi fia grato? VIOLETTA Sì. ALFREDO (s'alza) Sì? L'ho già in cor. MARCHESE Dunque attenti! TUTTI Sì, attenti al cantor. ALFREDO Libiamo, ne' lieti calici che la bellezza infiora, e la fuggevol ora s'inebrii a voluttà. Libiam ne' dolci fremiti che suscita l'amore, poiché quell'occhio al core (indicando Violetta) onnipotente va. Libiamo amore, amor fra i calici più caldi baci avrà. TUTTI Ah! Libiam, amor fra i calici più caldi baci avrà. VIOLETTA (s'alza) Tra voi saprò dividere il tempo mio giocondo; tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer. Godiam, fugace e rapido è il gaudio dell'amore, è un fior che nasce e muore, né più si può goder. Godiam, c'invita un fervido accento lusinghier. TUTTI Ah! godiamo, la tazza e il cantico la notte abbella e il riso; in questo paradiso ne scopra il nuovo dì. VIOLETTA (ad Alfredo) La vita è nel tripudio. ALFREDO (a Violetta) Quando non s'ami ancora. VIOLETTA Nol dite a chi l'ignora. ALFREDO È il mio destin così. TUTTI Godiamo, la tazza e il cantico la notte abbella e il riso; in questo paradiso ne scopra il nuovo dì. (S'ode musica dall'altra sala.) Che è ciò? VIOLETTA Non gradireste ora le danze? TUTTI Oh, il gentil pensier! Tutti accettiamo. VIOLETTA Usciamo dunque. (S'avviano alla porta di mezzo, ma Violetta è colta da subito pallore.) Ohimè! TUTTI Che avete? VIOLETTA Nulla, nulla. TUTTI Che mai v'arresta? VIOLETTA Usciamo. (Fa qualche passo, ma poi è nuovamente obbligata a sedere.) Oh Dio! TUTTI Ancora! ALFREDO Voi soffrite? TUTTI Oh ciel! Ch'è questo? VIOLETTA Un tremito che provo. Or là passate. (Indica l'altra sala.) Fra poco anch'io sarò. TUTTI Come bramate. (Tutti passano all'altra sala, meno Alfredo.) VIOLETTA (Si alza e va a guardarsi allo specchio.) Oh, qual pallor! (Si volge e si accorge di Alfredo.) Voi qui! ALFREDO Cessata è l'ansia che vi turbò? VIOLETTA Sto meglio. ALFREDO Ah, in cotal guisa v'ucciderete - aver v'è d'uopo cura dell'esser vostro - VIOLETTA E lo potrei? ALFREDO Oh, se mia foste, custode io veglierei pe' vostri soavi dì. VIOLETTA Che dite? Ha forse alcuno cura di me? ALFREDO (con passione) Perché nessuno al mondo v'ama. VIOLETTA Nessun? ALFREDO Tranne sol io. VIOLETTA Gli è vero. Sì grande amore dimenticato avea. ALFREDO Ridete? E in voi v'ha un core? VIOLETTA Un cor? sì, forse... e a che lo richiedete? ALFREDO Ah, se ciò fosse. Non potreste allora celiar. VIOLETTA Dite davvero? ALFREDO Io non v'inganno. VIOLETTA Da molto è che mi amate? ALFREDO Ah, sì; da un anno. Un dì felice, eterea, mi balenaste innante, e da quel dì tremante vissi d'ignoto amor, di quell'amor ch'è palpito dell'universo intero, misterioso, altero, croce e delizia al cor. VIOLETTA Ah, se ciò è ver, fuggitemi. Solo amistade io v'offro: amar non so, né soffro un così eroico amore. Io sono franca, ingenua; altra cercar dovete; non arduo troverete dimenticarmi allor. ALFREDO Ah, amore misterioso, altero, croce e delizia al cor. VIOLETTA Non arduo troverete dimenticarmi allor. GASTONE (sulla porta di mezzo) Ebben? Che diavol fate? VIOLETTA Si folleggiava. GASTONE Ah, ah! Sta ben - restate. (Rientra.) VIOLETTA Amor dunque non più. Vi garba il patto? ALFREDO Io v'obbedisco. Parto. VIOLETTA (si toglie un fiore dal seno) A tal giungeste? Prendete questo fiore. ALFREDO Perché? VIOLETTA Per riportarlo - ALFREDO Quando? VIOLETTA Quando sarà appassito. ALFREDO Oh! Ciel! Domani - VIOLETTA Ebben, domani. ALFREDO (prende con trasporto il fiore) Io son felice! VIOLETTA D'amarmi dite ancora? ALFREDO (per partire) Oh, quanto v'amo! VIOLETTA Partite? ALFREDO (torna a lei, le bacia la mano) Parto. VIOLETTA Addio. ALFREDO Di più non bramo. ALFREDO, VIOLETTA Addio. Addio. (Alfredo esce mentre gli altri ospiti ritornano nel salotto accaldati dalle danze.) TUTTI Si ridesta in ciel l'aurora e n'è forza di partire; mercé a voi, gentil signora, di sì splendido gioir. La città di feste è piena, volge il tempo dei piacer; nel riposo ancor la lena si ritempri per goder. (Partono dalla destra.) VIOLETTA (sola) È strano! È strano! In core scolpiti ho quegli accenti! Saria per me sventura un serio amore? Che risolvi, o turbata anima mia? Null'uomo ancora t'accendeva - O gioia ch'io non conobbi, esser amata amando! E sdegnarla poss'io per l'aride follie del viver mio? Ah, fors'è lui che l'anima solinga ne' tumulti godea sovente pingere de' suoi colori occulti! Lui che modesto e vigile all'egre soglie ascese, e nuova febbre accese, destandomi all'amor. A quell'amor ch'è palpito dell'universo intero, misterioso, altero, croce e delizia al cor! Follie! follie! Delirio vano è questo! Povera donna, sola, abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi. Che spero or più? Che far degg'io? Gioire, di voluttà ne' vortici perir. Gioir, gioir! Sempre libera degg'io folleggiare di gioia in gioia, vo' che scorra il viver mio pei sentieri del piacer. Nasca il giorno, o il giorno muoia, sempre lieta ne' ritrovi, a diletti sempre nuovi dee volare il mio pensier. ALFREDO (sotto al balcone) Amore, amor è palpito... VIOLETTA Oh! ALFREDO ...dell'universo intero - VIOLETTA Oh amore. ALFREDO Misterioso, misterioso, altero, croce, croce e delizia, croce e delizia, delizia al cor. VIOLETTA Follie! follie! Ah sì! Gioir, gioir! Sempre libera degg'io folleggiare di gioia in gioia, vo' che scorra il viver mio pei sentieri del piacer. Nasca il giorno, o il giorno muoia, sempre lieta ne' ritrovi, a diletti sempre nuovi, dee volare il mio pensier. ALFREDO Amor è palpito dell'universo - VIOLETTA Ah! Dee volar il mio pensier. Ah! il mio pensier. Il mio pensier. Scena prima Casa di campagna presso Parigi. Salotto al piano terreno. Nel fondo, in faccia agli spettatori, c'è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli che mettono ad un giardino. Al primo piano altre due porte, una di fronte all'altra. Sedie, tavolini, qualche libro, l'occorrente per iscrivere. (Alfredo entra in costume da caccia.) ALFREDO (depone il fucile) Lunge da lei per me non v'ha diletto! Volaron già tre lune dacché la mia Violetta agi per me lasciò, dovizie, amori e le pompose feste ov'agli omaggi avvezza, vedea schiavo ciascun di sua bellezza. Ed or contenta in questi ameni luoghi tutto scorda per me. Qui presso a lei io rinascer mi sento. E dal soffio d'amor rigenerato scordo ne' gaudi suoi tutto il passato. De' miei bollenti spiriti il giovanile ardore ella temprò col placido sorriso dell'amor! Dal dì che disse: Vivere io voglio a te fedel, ah, sì dell'universo immemore, io vivo quasi in ciel. (Annina entra vestita da viaggio.) ALFREDO Annina, donde vieni? ANNINA Da Parigi. ALFREDO Chi tel commise? ANNINA Fu la mia signora. ALFREDO Perché? ANNINA Per alienar cavalli, cocchi, e quanto ancor possiede. ALFREDO Che mai sento! ANNINA Lo spendio è grande a viver qui solinghi. ALFREDO E tacevi? ANNINA Mi fu il silenzio imposto. ALFREDO Imposto? Or v'abbisogna? ANNINA Mille luigi. ALFREDO Or vanne - andrò a Parigi. Questo colloquio non sappia la signora. Il tutto valgo a riparare ancora. (Parte. Entra subito Violetta con varie carte. Parla con Annina.) VIOLETTA Alfredo? ANNINA Per Parigi or or partiva. VIOLETTA E tornerà? ANNINA Pria che tramonti il giorno - dirvel m'impose - VIOLETTA È strano! GIUSEPPE (presentandole una lettera) Per voi. VIOLETTA (prendendola) Sta ben. In breve giungerà un uom d'affari - entri all'istante. (Violetta apre la lettera.) Ah, ah! Scopriva Flora il mio ritiro. E m'invita a danzar per questa sera! Invan m'aspetterà. GIUSEPPE È qui un signore. VIOLETTA Sarà lui che attendo. (Accenna ad Annina di introdurlo. Entra Giorgio Germont.) GERMONT Madamigella Valéry? VIOLETTA Son io. GERMONT D'Alfredo il padre in me vedete! VIOLETTA (sorpresa, l'invita a sedersi) Voi! GERMONT Sì, dell'incauto, che a ruina corre, ammaliato da voi. VIOLETTA (risentita, alzandosi) Donna son io, signore, ed in mia casa; ch'io vi lasci assentite più per voi che per me. (Sta per uscire.) GERMONT (Quai modi!) Pure - VIOLETTA Tratto in error voi foste. GERMONT De' suoi beni egli dono vuol farvi. VIOLETTA Non l'osò finora - rifiuterei. GERMONT (guardando intorno) Pur tanto lusso - VIOLETTA A tutti è mistero quest'atto. A voi nol sia. (Gli dà una carta.) GERMONT (Germontscorre le carte.) Ciel! Che discopro! D'ogni vostro avere or volete spogliarvi? Ah, il passato, perché v'accusa? VIOLETTA Più non esiste - or amo Alfredo, e Dio lo cancellò col pentimento mio. GERMONT Nobili sensi invero! VIOLETTA Oh, come dolce mi suona il vostro accento! GERMONT Ed a tai sensi un sacrifizio chieggo - VIOLETTA (alzandosi) Ah, no, tacete - terribil cosa chiedereste certo. Il previdi - v'attesi - era felice troppo. GERMONT D'Alfredo il padre la sorte, l'avvenir domanda or qui de' suoi due figli. VIOLETTA Di due figli! GERMONT Sì! Pura siccome un angelo Iddio mi diè una figlia; se Alfredo nega riedere in seno alla famiglia, l'amato e amante giovine cui sposa andar dovea, or si ricusa al vincolo che lieti ne rendeva. Deh, non mutate in triboli le rose dell'amor. A' prieghi miei resistere no, no non voglia il vostro cor. VIOLETTA Ah, comprendo - dovrò per alcun tempo da Alfredo allontanarmi - doloroso fora per me - pur - GERMONT Non è ciò che chiedo. VIOLETTA Cielo, che più cercate? Offersi assai! GERMONT Pur non basta. VIOLETTA Volete che per sempre a lui rinunzi? GERMONT È d'uopo! VIOLETTA Ah no! - giammai! No, no! Non sapete quale affetto vivo, immenso m'arda in petto? Che né amici, né parenti io non conto tra' viventi? E che Alfredo m'ha giurato che in lui tutto troverò? Non sapete che colpita d'atro morbo è la mia vita? Che già presso il fine vedo? Ch'io mi separi da Alfredo! Ah, il supplizio è sì spietato, che a morir preferirò. GERMONT È grave il sacrifizio, ma pur tranquilla uditemi, bella voi siete e giovine - col tempo - VIOLETTA Ah, più non dite - v'intendo - m'è impossibile. Lui solo amar vogl'io. GERMONT Sia pure - ma volubile sovente è l'uom - VIOLETTA Gran Dio! GERMONT Un dì, quando le veneri il tempo avrà fugate, fia presto il tedio a sorgere - che sarà allor? Pensate - per voi non avran balsamo i più soavi affetti, poiché dal ciel non furono tai nodi benedetti. VIOLETTA È vero! È vero! GERMONT Ah, dunque sperdasi tal sogno seduttore. VIOLETTA È vero! È vero! GERMONT Siate di mia famiglia l'angel consolatore Violetta, deh, pensateci, ne siete in tempo ancor. È Dio che ispira, o giovine, tai detti a un genitor. VIOLETTA Così alla misera ch'è un dì caduta, di più risorgere speranza è muta! Se pur benefico le indulga Iddio, l'uomo implacabil per lei sarà. GERMONT Siate di mia famiglia l'angiol consolator. VIOLETTA (poi, piangendo, a Germont) Ah! dite alla giovine sì bella e pura ch'avvi una vittima della sventura, cui resta un unico raggio di bene - che a lei il sacrifica e che morrà! GERMONT Piangi, piangi, o misera, supremo, il veggo, è il sacrifizio che ora ti chieggo. Sento nell'anima già le tue pene; coraggio e il nobile tuo cor vincerà! VIOLETTA Dite alla giovine sì bella e pura ch'avvi una vittima della sventura, cui resta un unico raggio di bene che a lei il sacrifica e che morrà! GERMONT Ah supremo, il veggo, è il sacrificio ch'ora ti chieggo. Sento nell'anima già le tue pene; coraggio e il nobile cor vincerà! Piangi, o misera! VIOLETTA Imponete. GERMONT Non amarlo ditegli. VIOLETTA Nol crederà. GERMONT Partite. VIOLETTA Seguirammi. GERMONT Allor - VIOLETTA Qual figlia m'abbracciate, forte così sarò. (S'abbracciano.) Tra breve ei vi fia reso. Ma afflitto oltre ogni dire. (indicandogli il giardino) A suo conforto di colà volerete. (Violetta va a scrivere.) GERMONT Che pensate? VIOLETTA Sapendo, v'opporreste al pensier mio. GERMONT Generosa! E per voi che far poss'io? O generosa! VIOLETTA (tornando a lui) Morrò! La mia memoria non fia ch'ei maledica, se le mie pene orribili vi sia chi almen gli dica. GERMONT No, generosa, vivere, e lieta voi dovrete; mercè di queste lagrime dal cielo un giorno avrete. VIOLETTA Conosca il sacrifizio ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo sospiro del mio cor. GERMONT Premiato il sacrifizio sarà del vostro core; d'un'opra così nobile sarete fiera allor. Sì, sì - VIOLETTA Conosca il sacrifizio ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo sospiro del mio cor. GERMONT Sarete fiera allor. D'un'opra così nobile sarete fiera allor. Premiato il sacrifizio sarà del vostro cor; d'un'opra così nobil sarete fiera allor. VIOLETTA Qui giunge alcun! Partite! GERMONT Oh, grato v'è il cor mio! VIOLETTA Partite! Non ci vedrem più forse - (S'abbracciano.) VIOLETTA, GERMONT Siate felice! VIOLETTA Addio! GERMONT Addio! VIOLETTA Conosca il sacrifizio, GERMONT Sì! VIOLETTA ...ch'io consumai d'amore - che sarà suo fin l'ultimo... Addio! GERMONT Addio! VIOLETTA che sarà suo fin l'ultimo... Addio! VIOLETTA, GERMONT Felice siate, addio! (Germont esce per la porta del giardino.) VIOLETTA Dammi tu forza, o cielo! (Siede e scrive, poi suona il campanello. Annina entra.) ANNINA Mi richiedeste? VIOLETTA Sì, reca tu stessa questo foglio - (Annina guarda la direzione; sorpresa.) Silenzio - va' all'istante. (Annina parte.) Ed or si scriva a lui. Che gli dirò? Chi men darà il coraggio? (Scrive, poi suggella.) ALFREDO (Entra.) Che fai? VIOLETTA (nascondendo la lettera) Nulla. ALFREDO Scrivevi? VIOLETTA Sì - no - ALFREDO Qual turbamento! A chi scrivevi? VIOLETTA A te - ALFREDO Dammi quel foglio. VIOLETTA No, per ora. ALFREDO Mi perdona - son io preoccupato - VIOLETTA Che fu? ALFREDO Giunse mio padre - VIOLETTA Lo vedesti? ALFREDO Ah, no: severo scritto mi lasciava. Però l'attendo, t'amerà in vederti. VIOLETTA Ch'ei qui non mi sorprenda, lascia che m'allontani - tu lo calma - ai piedi suoi mi getterò - divisi ei più non ne vorrà - sarem felici - perché tu m'ami, Alfredo, non è vero? ALFREDO Oh, quanto! Perché piangi? VIOLETTA Di lagrime aveva d'uopo - or son tranquilla - lo vedi? Ti sorrido - lo vedi? Sarò là tra quei fior presso a te sempre. Amami, Alfredo, quant'io t'amo. Addio! (Corre in giardino.) ALFREDO Ah, vive sol quel core all'amor mio! (Siede, apre un libro; poi guarda l'ora sul caminetto.) È tardi; ed oggi forse più non verrà mio padre. GIUSEPPE (entrando frettoloso) La signora è partita. L'attendeva un calesse, e sulla via già corre di Parigi. Annina pure prima di lei spariva. ALFREDO Il so, ti calma. GIUSEPPE (Che vuol dir ciò) ALFREDO Va forse d'ogni avere ad affrettar la perdita. Ma Annina lo impedirà. COMMISSIONARIO Il signor Germont? ALFREDO Son io. COMMISSIONARIO Una dama da un cocchio, per voi, di qua non lunge, mi diede questo scritto. (Dà la lettera ad Alfredo, riceve una moneta e parte.) ALFREDO Di Violetta! Perché son io commosso! A raggiungerla forse ella m'invita - Io tremo! Oh ciel! Coraggio! (Apre la lettera.) "Alfredo, al giungervi di questo foglio..." (un grido:) Ah! (Germont entra dal giardino. Si volge e si trova nelle braccia del padre.) Padre mio! GERMONT Mio figlio! Oh, quanto soffri! Oh, tergi il pianto - ritorna di tuo padre orgoglio e vanto. (Alfredo disperato siede presso il tavolino col volto fra le mani.) Di Provenza il mar, il suol chi dal cor ti cancellò? Al natio fulgente sol qual destino ti furò? Oh, rammenta pur nel duol ch'ivi gioia a te brillò; e che pace colà sol su te splendere ancor può. Dio mi guidò! Ah! il tuo vecchio genitor tu non sai quanto soffrì. Te lontano, di squallor il suo tetto si coprì, ma se alfin ti trovo ancor, se in me speme non fallì, se la voce dell'onor in te appien non ammutì, Dio m'esaudì! Né rispondi d'un padre all'affetto? ALFREDO (Scuotendosi, vede sulla tavola la lettera di Flora, la scorre ed esclama:) Ah! ell'è alla festa! Volisi l'offesa a vendicar. GERMONT Che dici! Ah, ferma! (Alfredo corre fuori di casa seguito dal padre.) Scena seconda Un salone nel palazzo di Flora, riccamente ammobiliato e molto illuminato. Una porta sul fondo e altre ai due lati. A destra, piuttosto in primo piano, un tavolo da gioco pronto per giocare: a sinistra, un tavolo elaborato con fiori e vivande; vicino, un canapè e delle sedie. (Flora, il Marchese e il Dr. Grenvil entrano con altri ospiti, discorrendo.) FLORA Avrem lieta di maschere la notte: n'è duce il viscontino - Violetta ed Alfredo anco invitai. MARCHESE La novità ignorate? Violetta e Germont sono disgiunti. DOTTORE, FLORA Fia vero? MARCHESE Ella verrà qui col barone. DOTTORE Li vidi ieri ancor - parean felici. (S'ode rumore di risate.) FLORA Silenzio - udite? FLORA, DOTTORE, MARCHESE Giungono gli amici. (Molte signore mascherate da zingare, entrano.) ZINGARE Noi siamo zingarelle venute da lontano; d'ognuno sulla mano leggiamo l'avvenir. Se consultiam le stelle null'avvi a noi d'oscuro, e i casi del futuro possiamo altrui predir. Vediamo - CORO I (osservando la mano di Flora) Voi, signora, rivali alquante avete. CORO II (osservando la mano del Marchese) Marchese, voi non siete model di fedeltà. FLORA (al Marchese) Fate il galante ancora? Ben, vo' me la paghiate - MARCHESE Che diamin vi pensate? L'accusa è falsità. FLORA La volpe lascia il pelo, non abbandona il vizio. Marchese mio, giudizio, o vi farò pentir. TUTTI Su via, si stenda un velo sui fatti del passato; già quel ch'è stato è stato, badiamo/badate all'avvenir. (Flora ed il Marchese si stringono la mano. Gastone ed altri mascherati da mattadori e piccadori spagnuoli entrano vivacemente dalla destra.) GASTONE, MATTADORI Di Madride noi siam mattadori, siamo i prodi del circo dei tori, testé giunti a godere del chiasso che a Parigi si fa pel Bue grasso; È una storia se udire vorrete, quali amanti noi siamo saprete. GLI ALTRI Sì, sì, bravi; narrate, narrate: con piacere l'udremo. GASTONE, MATTADORI Ascoltate. È Piquillo un bel gagliardo biscaglino mattador: forte il braccio, fiero il guardo delle giostre egli è signor. D'Andalusa giovinetta follemente innamorò; ma la bella ritrosetta così al giovane parlò: "Cinque tori in un sol giorno vo' vederti ad atterrar; e, se vinci, al tuo ritorno mano e cor ti vo' donar." Sì, gli disse, e il mattadore, alle giostre mosse il piè; cinque tori, vincitore, sull'arena egli stendé. GLI ALTRI Bravo, bravo il mattadore, ben gagliardo si mostrò, se alla giovane l'amore in tal guisa egli provò! GASTONE, MATTADORI Poi, tra plausi, ritornato alla bella del suo cor, colse il premio desiato tra le braccia dell'amor. GLI ALTRI Con tai prove i mattadori san le belle conquistar! GASTONE, MATTADORI Ma qui son più miti i cori; a noi basta folleggiar. TUTTI Sì, allegri. Or pria tentiamo della sorte il vario umor; la palestra dischiudiamo agli audaci giuocator. (Gli uomini si tolgono la maschera: chi passeggia e chi si accinge a giuocare. Alfredo entra.) TUTTI Alfredo! Voi! ALFREDO Sì, amici - FLORA Violetta? ALFREDO Non ne so. TUTTI Ben disinvolto! Bravo! Or via, giuocar si può. (Gastone si pone a tagliare; Alfredo ed altri puntano. Entra Violetta accompagnata dal Barone. Flora va ad incontrarla.) FLORA Qui desiata giungi. VIOLETTA Cessi al cortese invito. FLORA Grata vi son, barone, d'averlo pur gradito. BARONE Germont è qui! Il vedete? VIOLETTA Cielo! Gli è vero. Il vedo. BARONE Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo - non un detto, non un detto! VIOLETTA (Ah, perché venni, incauta! Pietà, gran Dio, di me!) FLORA (fa sedere Violetta presso di sé sul divano) Meco t'assidi; narrami - quai novità vegg'io? (Il Dottore si avvicina ad esse; il Marchese si trattiene a parte col Barone; Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano. Flora e Violetta parlano fra loro.) ALFREDO Un quattro! GASTONE Ancora hai vinto! ALFREDO Sfortuna nell'amore fortuna reca al giuoco. (Punta e vince.) TUTTI È sempre vincitore! ALFREDO Oh, vincerò stasera: e l'oro guadagnato poscia a goder tra' campi ritornerò beato. FLORA Solo? ALFREDO No, no, con tale che vi fu meco ancora, poi mi sfuggia - VIOLETTA Mio Dio! GASTONE (ad Alfredo indicando Violetta) Pietà di lei! BARONE (ad Alfredo con mal frenata ira) Signor! VIOLETTA (al Barone) Frenatevi, o vi lascio. ALFREDO Barone, m'appellaste? BARONE Siete in sì gran fortuna, che al giuoco mi tentaste. ALFREDO (ironico) Sì? La disfida accetto. VIOLETTA Che fia? Morir mi sento! Pietà, gran Dio, di me! BARONE (punta) Cento luigi a destra. ALFREDO (punta) Ed alla manca cento. GASTONE Un asso - un fante - hai vinto! BARONE Il doppio? ALFREDO Il doppio sia. GASTONE (tagliando) Un quattro, un sette. TUTTI Ancora! ALFREDO Pur la vittoria è mia! CORO Bravo davver! La sorte è tutta per Alfredo! FLORA Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo. ALFREDO Seguite pur. SERVO La cena è pronta. FLORA Andiamo. CORO (Tutti partono.) Andiamo. VIOLETTA (Che fia? morir mi sento! Pietà, gran Dio, di me!) ALFREDO (al Barone) Se continuar v'aggrada - BARONE Per ora nol possiamo: più tardi la rivincita. ALFREDO Al giuoco che vorrete. BARONE Seguiam gli amici; poscia - ALFREDO Sarò qual bramerete - Andiam. BARONE Andiam. (Escono tutti dalla porta centrale; per un momento la scena rimane deserta. Poi Violetta rientra affannata.) VIOLETTA Invitato a qui seguirmi, verrà desso? Vorrà udirmi? Ei verrà, ché l'odio atroce puote in lui più di mia voce. ALFREDO Mi chiamaste? Che bramate? VIOLETTA Questi luoghi abbandonate, un periglio vi sovrasta - ALFREDO Ah, comprendo! Basta, basta. E sì vile mi credete? VIOLETTA Ah no, no mai - ALFREDO Ma che temete? VIOLETTA Tremo sempre del barone. ALFREDO È fra noi mortal quistione - s'ei cadrà per mano mia un sol colpo vi torria coll'amante il protettore. V'atterrisce tal sciagura? VIOLETTA Ma s'ei fosse l'uccisore? Ecco l'unica sventura - ch'io pavento a me fatale! ALFREDO La mia morte! Che ven cale? VIOLETTA Deh, partite, e sull'istante. ALFREDO Partirò, ma giura innante che dovunque seguirai i passi miei. VIOLETTA Ah, no, giammai. ALFREDO No! giammai? VIOLETTA Va', sciagurato scorda un nome ch'è infamato. Va' - mi lascia sul momento - di fuggirti un giuramento sacro io feci. ALFREDO A chi? dillo - chi potea? VIOLETTA A chi dritto pien n'avea. ALFREDO Fu Douphol? VIOLETTA Sì. ALFREDO Dunque l'ami? VIOLETTA Ebben - l'amo - ALFREDO (corre furente sulla porta e grida:) Or tutti a me. (Tutti gli invitati, perplessi, ritornano nel salone.) TUTTI Ne appellaste? Che volete? ALFREDO (additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino) Questa donna conoscete? TUTTI Chi? Violetta? ALFREDO Che facesse non sapete? VIOLETTA Ah, taci. TUTTI No. ALFREDO Ogni suo aver tal femmina per amor mio sperdea. Io cieco, vile, misero, tutto accettar potea. Ma è tempo ancora! Tergermi da tanta macchia bramo. Qui testimon vi chiamo che qui pagato io l'ho. (Con furioso disprezzo, getta il borsellino ai piedi di Violetta. Violetta sviene nelle braccia di Flora. Mentre Alfredo proferisce le ultime parole, entra suo padre.) TUTTI Oh, infamia orribile tu commettesti! Un cor sensibile così uccidesti! Di donne ignobile insultatore, di qui allontanati, ne desti orror! Va', va', ne desti orror! Di donne ignobile insultator, ecc. GERMONT Di sprezzo degno sé stesso rende chi pur nell'ira la donna offende. Dov'è mio figlio? Più non lo vedo: in te più Alfredo trovar non so. ALFREDO Ah, sì - che feci! Ne sento orrore. Gelosa smania, deluso amore mi strazian l'alma; più non ragiono. Da lei perdono più non avrò. Volea fuggirla - non ho potuto! Dall'ira spinto son qui venuto! Or che lo sdegno ho disfogato, me sciagurato! rimorso n'ho. TUTTI (a Violetta) Oh, quanto peni! Ma pur fa cor. Qui soffre ognuno del tuo dolor; fra cari amici qui sei soltanto; rasciuga il pianto che t'inondò. GERMONT (da sé) Io sol fra tanti so qual virtude di quella misera il sen racchiude. Io so che l'ama, che gli è fedele, eppur crudele tacer dovrò! BARONE (piano, ad Alfredo) A questa donna l'atroce insulto qui tutti offese, ma non inulto fia tanto oltraggio - provar vi voglio che il vostro orgoglio fiaccar saprò. ALFREDO (da sé) Ohimé, che feci! Ne sento orrore, ecc. Da lei perdono più non avrò. VIOLETTA (riavendosi) Alfredo, Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l'amore; tu non conosci che fino a prezzo del tuo disprezzo provato io l'ho! TUTTI (a Violetta) Quanto peni! fa cor! ALFREDO Ohimè! che feci! Ne sento orror! VIOLETTA Ma verrà tempo in che il saprai - come t'amassi confesserai. Dio dai rimorsi ti salvi allora, ah! Io spenta ancora pur t'amerò. ALFREDO Ohimè! che feci! Ne sento orror! BARONE Provar vi voglio che tanto orgoglio fiaccar saprò. GERMONT Io so che l'ama, che gli è fedele, eppur crudele tacer dovrò! TUTTI Quanto peni! fa cor! ecc. (Germont trae seco il figlio: il Barone lo segue. Violetta è condotta in altra stanza dal Dottore e da Flora; gli altri si disperdono.) PRELUDIO Camera da letto di Violetta. Nel fondo c'è un letto con cortine mezzo tirate; una finestra chiusa da imposte interne; presso il letto uno sgabello su cui una bottiglia d'acqua, una tazza di cristallo, diverse medicine. A metà della scena una toilette, vicino un canapè; più distante un alto mobile su cui arde un lume da notte; varie sedie ed altri mobili. La porta è a sinistra; di fronte v'è un caminetto con fuoco acceso. (Violetta dorme sul letto; Annina, seduta presso il caminetto, è pure addormentata.) VIOLETTA Annina? ANNINA Comandate? VIOLETTA Dormivi, poveretta? ANNINA Sì, perdonate. VIOLETTA Dammi d'acqua un sorso. (Annina eseguisce.) Osserva, è pieno il giorno? ANNINA Son sett'ore. VIOLETTA Dà accesso a un po' di luce. (Annina apre le imposte e guarda fuori nella strada.) ANNINA Il signor di Grenvil! VIOLETTA Oh, il vero amico! Alzar mi vo' - m'aita. (Fa per alzarsi ma ricade; poi, sostenuta da Annina, va lenta verso il canapè. Il Dottore arriva in tempo a sostenerla. Annina porta dei cuscini e glieli mette dietro la testa.) VIOLETTA Quanta bontà! pensaste a me per tempo! DOTTORE (Le tocca il polso.) Sì, come vi sentite? VIOLETTA Soffre il mio corpo. Ma tranquilla ho l'alma. Mi confortò ier sera un pio ministro. Ah, religione è sollievo ai sofferenti. DOTTORE E questa notte? VIOLETTA Ebbi tranquillo il sonno. DOTTORE Coraggio adunque - la convalescenza non è lontana. VIOLETTA Oh, la bugia pietosa ai medici è concessa. DOTTORE (Le stringe la mano.) Addio - a più tardi. VIOLETTA Non mi scordate. ANNINA (Il Dottore parte; Annina lo accompagna; poi parlando presto e piano:) Come va, signore? DOTTORE La tisi non le accorda che poche ore. ANNINA Or fate cor. VIOLETTA Giorno di festa è questo? ANNINA Tutta Parigi impazza - è carnevale! VIOLETTA Ah, nel comun tripudio, sallo Iddio quanti infelici soffron! Quale somma v'ha in quello stipo? (indicandolo) ANNINA (Apre e conta.) Venti luigi. VIOLETTA Dieci ne reca a' poveri tu stessa. ANNINA Poco rimanvi allora - VIOLETTA Oh, mi saran bastanti. Cerca poscia mie lettere. ANNINA Ma voi? VIOLETTA Nulla occorrà - sollecita, se puoi. (Annina parte.) VIOLETTA (trae dal seno una lettera.) "Teneste la promessa - la disfida ebbe luogo! Il Barone fu ferito però migliora. Alfredo è in stranio suolo; il vostro sacrifizio io stesso gli ho svelato; egli a voi tornerà pel suo perdono; io pur verrò. Curatevi - mertate un avvenir migliore. Giorgio Germont." È tardi! Attendo, attendo - né a me giungon mai! (Si guarda nello specchio.) Oh, come son mutata! Ma il dottore a sperar pure m'esorta! Ah, con tal morbo ogni speranza è morta. Addio, del passato bei sogni ridenti, le rose del volto già sono pallenti; l'amore d'Alfredo perfino mi manca, conforto, sostegno dell'anima stanca - conforto, sostegno - Ah, della traviata sorridi al desio; a lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio! Ah! - Tutto, tutto finì, or tutto, tutto finì. CORO DI MASCHERE (dall'esterno) Largo al quadrupede sir della festa, di fiori e pampini cinta la testa. Largo al più docile d'ogni cornuto, di corni e pifferi abbia il saluto. Parigini, date passo, al trionfo del Bue grasso. L'Asia né l'Africa vide il più bello, vanto ed orgoglio d'ogni macello. Allegre maschere, pazzi garzoni, tutti plauditelo con canti e suoni! Parigini, date passo, al trionfo del Bue grasso. Largo al quadrupede sir della festa, di fiori e pampini cinta la testa. (Annina rientra in fretta.) ANNINA (esitando) Signora! VIOLETTA Che t'accadde? ANNINA Quest'oggi, è vero, vi sentite meglio? VIOLETTA Sì, perché? ANNINA D'esser calma promettete? VIOLETTA Sì, che vuoi dirmi? ANNINA Prevenir vi volli - un gioia improvvisa! VIOLETTA Una gioia! Dicesti? ANNINA Sì, o signora - VIOLETTA Alfredo! Ah, tu il vedesti? Ei vien! T'affretta. (Annina afferma col capo, poi va ad aprire la porta.) Alfredo! (Alfredo entra pallido dall'emozione e si gettano le braccia al collo.) Amato Alfredo! Oh gioia! ALFREDO Oh mia Violetta. Oh gioia! Colpevol sono - so tutto, o cara. VIOLETTA Io so che alfine reso mi sei! ALFREDO Da questo palpito s'io t'ami impara, senza te esistere più non potrei. VIOLETTA Ah, s'anco in vita m'hai ritrovata, credi che uccidere non può il dolor. ALFREDO Scorda l'affanno, donna adorata, a me perdona e al genitor. VIOLETTA Ch'io ti perdoni? La rea son io; ma solo amor tal mi rendè. ALFREDO, VIOLETTA Null'uomo o demon, angel mio, mai più dividermi potrà da te. ALFREDO Parigi, o cara, noi lasceremo, la vita uniti trascorreremo; de' corsi affanni compenso avrai, la tua salute rifiorirà. Sospiro e luce tu mi sarai, tutto il futuro ne arriderà. VIOLETTA [facendogli eco come in un sogno) Parigi, o caro, noi lasceremo, la vita uniti trascorreremo: De' corsi affanni compenso avrai. La mia salute rifiorirà. Sospiro e luce tu mi sarai, ecc. VIOLETTA Ah, non più, a un tempio - Alfredo, andiamo, del tuo ritorno grazie rendiamo. (Vacilla, come se per svenire.) ALFREDO Tu impallidisci - VIOLETTA È nulla, sai! Gioia improvvisa non entra mai, senza turbarlo, in mesto core. (Violetta si abbandona sfinita sopra una sedia con la testa all'indietro.) ALFREDO (spaventato, sorreggendola) Gran Dio! Violetta! VIOLETTA (sforzandosi) È il mio malore - fu debolezza! Ora son forte. Vedi? Sorrido. ALFREDO Ahi, cruda sorte! VIOLETTA Fu nulla. Annina, dammi a vestire. ALFREDO Adesso? Attendi. VIOLETTA No - voglio uscire. (Annina presenta a Violetta una veste che ella fa per indossare, ed impeditane dalla debolezza la getta a terra ed esclama con disperazione:) Gran Dio! Non posso! ALFREDO (Cielo! Che vedo!) (ad Annina) Va' pel dottore. VIOLETTA Ah! Digli che Alfredo è ritornato all'amor mio - Digli che vivere ancor vogl'io. (Annina parte. Poi ad Alfredo:) Ma se tornando non m'hai salvato, a niuno in terra salvarmi è dato. Ah! gran Dio! Morir sì giovine, io che ho penato tanto! Morir sì presso a tergere il mio sì lungo pianto! Ah, dunque fu delirio la credula speranza; invano di costanza armato avrò il mio cor! ALFREDO Oh mio sospiro e palpito, diletto del cor mio! Le mie colle tue lagrime confondere degg'io - Ma più che mai, deh credilo, m'è d'uopo di costanza. Ah, tutto alla speranza non chiudere il tuo cor. Ah! Violetta mia, deh calmati, m'uccide il tuo dolor deh, calmati! VIOLETTA Oh Alfredo! il crudo termine serbato al nostro amor! (Violetta si abbandona sul canapè. Entra Annina, seguita da Germont e dal Dottore.) GERMONT Ah, Violetta! VIOLETTA Voi, signor! ALFREDO Mio padre! VIOLETTA Non mi scordaste? GERMONT La promessa adempio. A stringervi qual figlia vengo al seno, o generosa! VIOLETTA Ahimè, tardi giungeste! (Abbracciandolo.) Pure, grata ven sono. Grenvil, vedete? Fra le braccia io spiro di quanti cari ho al mondo. GERMONT Che mai dite! (Oh cielo - è ver!) ALFREDO La vedi, padre mio? GERMONT Di più non lacerarmi. Troppo rimorso l'alma mi divora. Quasi fulmin m'atterra ogni suo detto. Oh, malcauto vegliardo! Il mal ch'io feci ora sol vedo! VIOLETTA (Violetta apre un ripostiglio e ne toglie un medaglione e lo dà ad Alfredo.) Più a me t'appressa - Ascolta, amato Alfredo. Prendi, quest'è l'immagine de' miei passati giorni; a rammentarti torni colei che sì t'amò. ALFREDO No, non morrai, non dirmelo - Dei viver, amor mio. A strazio sì terribil qui non mi trasse Iddio. GERMONT Cara, sublime, sublime vittima d'un disperato amore, perdonami lo strazio recato al tuo bel cor. VIOLETTA Se una pudica vergine degli anni suoi sul fiore, a te donasse il core - sposa ti sia - lo vo'. Le porgi quest'effigie; dille che dono ell'è di chi nel ciel tra gli angeli prega per lei, per te. GERMONT Finchè avrà il ciglio lagrime io piangerò per te. Vola a' beati spiriti, Iddio ti chiama a sè. ALFREDO Sì presto, ah no, dividerti morte non può da me. Ah, vivi, o solo un feretro m'accoglierà con te. VIOLETTA (rianimata) È strano! Cessarono gli spasimi del dolore. In me rinasce - m'agita insolito vigor! Ah! ma io ritorno a viver! Oh gioia! (Ricade sul canapè.) FINE |
libretto by Francesco Maria Piave |