DM's opera site
libretti & information
ComposersOperasLinksForumAbout

Les vêpres siciliennes” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)

 Print-frendly
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo; Atto Quarto; Atto Quinto
ATTO TERZO

SCENA I

Gabinetto nel palazzo di Monforte.
Monforte


MONFORTE
seduto ad un tavolo
Sì, m'abborriva ed a ragion! cotanto
Vêr lei fui reo, che giunsi un dì a rapirla!
E me odiava e fuggiva! e per tre lustri
All'amplesso paterno il figlio ascose...
E lo nudriva nell'orror del padre!
E me crudel poi chiami!
Foglio, che presso a morte
Vergò la fatal donna
toglie dal seno un foglio
Quanti affetti diversi in me richiami!
Legge
“O tu, cui nulla è sacro! se la scure
Sanguinosa minaccia
Il prode Arrigo, onor del patrio suolo,
Risparmia almen quell'innocente capo!”.
Mio figlio!

SCENA II

Bethune, e detto.

BETHUNE
Il cavaliero
Ricusava protervo qui venirne,
E qui fu tratto a forza!

MONFORTE
Sta ben!

BETHUNE
Qual pena inflitta
A lui sarà?

MONFORTE
Non cale;
Ei si rispetti e in alto onor si tenga.
Or va, Bethune, e al mio cospetto ei venga!

Bethune parte
SCENA III

Monforte

MONFORTE
solo
In braccio alle dovizie,
In seno degli onor;
Un vuoto immenso, orribile
Regnava nel mio cor.
Ma un avvenir beato
Or s'apre innanzi a me,
Se viver mi fia dato,
Figlio, vicino a te!
L'odio invano a me lo toglie,
Vincerà quel fero cor,
Nel fulgor di queste soglie
Col paterno, immenso amot
In braccio alle dovizie,
In seno degli onor,
Un vuoto immenso, orribile
Regnava nel mio cor.
Ma un avvenir beato
Or s'apre innanzi a me,
Se viver mi fia dato,
Figlio,vicino a te!
SCENA IV

Monforte, ed Arrigo preceduto da due Paggi che si inchinano e si ritirano.

ARRIGO
Sogno, o son desto? umil
E sollecito accorre
Ognuno ai miei desiri, e d'un mio cenno
Lieto si mostra!
Novel giuoco è questo
indirizzandosi a Monforte
 Inver di strana sorte,
Se da te non m'aspetto altro che morte!

MONFORTE
La speri invan! senza timore ormai
Libero in queste soglie
Tu puoi chiamarmi ingiusto,
E vane insidie contro me tramare!

ARRIGO
Difender la sua terra
E nobil scopo. Io combatto un tiranno.

MONFORTE
Ma da vil lo combatti.
Colla spada io ferisco, e tu il pugnale
Nell'ombra vibri! né oseresti, audace,
Fìssarmi in volto!
guardandolo fissamente
Or mira! a te dinanzi
Senza difesa io sto!

ARRIGO
Per mia sventura!

MONFORTE
O stolto, cui salvò la mia clemenza
A sì dura mercé m'hai tu serbato?
Ti credi generoso e hai core ingrato!
Quando al mio seno per te parlava
Pietà sincera d'un cieco error,
Quando un ribelle - in te salvava,
Arrigo... nulla ti disse il cor?

ARRIGO
(Alla sua voce rabbrividisco,
Invan bandisco - il mio terror!)

MONFORTE
E al duol intenso che m'ange intanto,
La giovin alma non palpitò?
E pur tu il vedi!... stilla di pianto
Sul mesto ciglio per te spuntò!

ARRIGO
(A qual tormento nuovo, spietato,
il crudo fato - mi condannò!)

MONFORTE
Ebben, Arrigo! se il mio tormento
L'ingrato core non ti colpì,
Or di tua madre leggi 1'accento.

ARRIGO
Che? di mia madre?...

MONFORTE
Sì,
Mentre contemplo quel volto amato,
Ingrato, sì!...
Benché velato - d'atro dolor;
L'alma è commossa - io son beato,
Tutto ho ripieno - di gaudio il cor!

ARRIGO
Gioia! e fia vero? sogno o son desto?
leggendo il foglio
Cifre materne!... qui sul mio cor!
O ciel! che scopro?... arcan funesto
gettando un grido
Mi si rivela... fremo d'orror!

MONFORTE
appressandosi ad Arrigo che rimane immobile e come annichilito
Ma fuggi il mio sguardo,
O figlio?

ARRIGO
Inorridisco!

MONFORTE
Non sai tu dunque qual mi son!

ARRIGO
(O donna!
Io t'ho perduta!)

MONFORTE
Il mio potere, Arrigo,
Sconosciuto t'è dunque?
Monforte io son!
ARRIGO
(O donna,
Io t'ho perduta!)

MONFORTE
So! che tu accenni, a te concesso fia
Dal mio poter quanto domandi e
Titoli, onor, dovizie,speri.
Quanto ambizion desia,
Io tutto a te darò!

ARRIGO
Al mio destin mi lascia,
E pago allor sarò!

MONFORTE
Ma non sai tu che splendida
Fama suonò di me?
È il nome mio glorioso...

ARRIGO
Nome esecrato egli è!

MONFORTE
Parola fatale!
Insulto mortale!
La gioia è svanita
Che l'alma sperò!
Giustizia suprema!
Tremendo anatema
Che un barbaro figlio
Sul padre scagliò!

ARRIGO
Ah rendimi, o fato,
L'oscuro mio stato!
La speme è svanita
Che l'alma sognò!
Giustizia suprema!
Tremendo anatema
Che un figlio percuote,
Che al padre imprecò!

MONFORTE
cercando trattenerlo
T'arresta, Arrigo! plachisi
Quell'ostinato core!

ARRIGO
Lasciami, o crudo, lasciami
In preda al mio dolore!
MONFORTE
Invano, o figlio, crudel mi chiami,
Del padre vincati la prece e il duol!

ARRIGO
Fuggir mi lascia, se è ver che m'ami,
Ad altro lido, ad altro suol!
Ah! volare al tuo sen io pur vorrei,
Ma non poss'io!

MONFORTE
Chi te lo vieta, ingrato?

ARRIGO
Lo spettro di mia madre,
Che tra di noi si pone.

MONFORTE
con sommo dolore
O figlio mio!

ARRIGO
Suo carnefice fosti: e l'alma è rea
Se vacillar fra voi tanto potea!
Ombra diletta, che in ciel ripòsi
La forza rendimi che il cor perdé,
Su me i tuoi sguardi veglin pietosi,
E prega, o madre, prega per me!

MONFORTE
L'ardente prego del genitore
È nulla, Arrigo, nulla per te?
Apri il tuo seno, ch'io t'apro il core.
T'arrendi alfine, o figlio, a me!

Arrigo si toglie con impeto dalle braccia di Monforte che tenta ritenerlo, e fugge a sinistra. Monforte lo segue collo sguardo e con atto di dolore si allontana. La scena cambia e rappresenta una magnifica sala disposta per una festa da ballo.
SCENA V

Gentiluomini e Dame francesi e siciliane, con maschere e senza, che vanno e vengono. Entra Monforte, preceduto dai suoi Paggi e dagli Ufficiali del palazzo. Egli si colloca sopra un seggio elevato, e fa segno a ciascuno di sedersi. Il maestro di cerimonie viene a prendere i suoi ordini e dà il segnale per cominciare la festa.

BALLO
Si rappresenta davanti alla Corte di Palermo il ballo delle Quattro Stagioni. Un canestro sorge da terra; è formato d'arbusti verdi di piante che non crescono che d'inverno; le loro foglie sono coperte di ghiaccio e di neve. Dal seno dei canestro esce una giovinetta che rappresenta l'inverno, e che, respingendo col piede il braciere che le sue compagne avevano acceso, danza per riscaldarsi. I ghiacci si sciolgono tosto al tiepido soffio dei zeffiri che fendono l'aria. L'Inverno è scomparso. La Primavera sorge da un canestro di fiori, cedendo poco dopo il luogo all 'Estate, giovinetta che esce da un canestro circondato da manipoli di spighe dorate. Il caldo la opprime, e domanda alle Najadi la freschezza delle loro sorgenti. Le Bagnanti sono messe in fuga da un Fauno che salta fuori, precedendo l'Autunno. I suoni del sistro e dei timballi annunziano i Satiri e le Baccanti, le cui danze animate terminano il Ballo.

CORO:
O splendide feste!
O notti feconde
Di danze gioconde,
Di rare beltà!
Son raggio celeste
Quei vivi splendori
Che infondon nei cori
Amor, voluttà!

La folla si disperde negli appartamenti del palazzo e nei giardini: la scena resta vuota per un istante.

SCENA VI

Arrigo viene da diritta, èseguito da Elena e da Procida, ambedue mascherati.

PROCIDA
a bassa voce ad Arrigo
“Su te veglia l'amistade!”

ARRIGO
(Cielo! il còr non m'ingannò?)

ELENA
"Su te veglia l'amistade!”.

ARRIGO
Ah! qual voce al sen vibrò!
(Procida ed Elena si tolgono la maschera)
Tu qui, donna! oh! qual sorpresa!
Per voi gelo.di Spavento!
Qui perché vi siete resa?

ELENA
Per salvarti!

PROCIDA
Ed ogni oppresso
Vendicar.

ARRIGO
con incertezza
Parla sommesso!
Per me nulla ormai pavento,
Sono libero... ma voi...
L'ira sua temer dovete
E fuggir gli sdegni suoi.

PROCIDA
Sii tranquillo... il traditor...

ARRIGO
Zitto! ci odono! (oh terror!)
mostrando loro alcuni Francesi che entrano nella sala

A3:
Allegramente e sul motivo della danza che echeggia nell'interno
O splendide feste!
O notti feconde
Di danze gioconde,
Di rare beltà!
Son raggio celeste
Quei vivi splendori
Che infondon nei cori
Amor; voluttà!

Le Dame ed i Cavalieri entrano dal fondo. Arrigo, Procida ed Elena restano ancor soli per un istante sul davanti della scena, ma si ode sempre dai vicini appartamenti il suono della danza


ELENA
ad Arrigo ed a mezza voce
In fra gli allegri vortici
Delle intrecciate danze...

PROCIDA
come sopra
Sotto le larve ascondono
I fidi le sembianze...

ELENA
attaccando un nastro sul petto d'Arrigo
A tal di nastri serici
Nodo, ciascun fia noto!

PROCIDA
Quei forti bracci intrepidi
Non colpiranno a vuoto!

ELENA
E in brevi istanti vindici
Qui brilleranno i ferri...

PROCIDA
Tra' suoi feroci sgherri
Monforte perirà!

ARRIGO
spaventato
Gran Dio! (Chi'il salverà?)

PROCIDA
sorpreso
Impallidisci?

ARRIGO
come sopra
Intenderti
Alcun potrebbe.

ELENA
E chi?

PROCIDA
vedendo entrare Monforte e rimettendosi la maschera
Ei stesso!
ARRIGO
aparte e tremante

(O giorno infausto!)

PROCIDA
ad Arrigo
Tra pochi istanti qui!

Comparisce Monforte in mezzo a dame francesi e siciliane.

TUTTI:
O splendide feste!
O notti feconde
Di danze gioconde,
Dì rare beltà!
Son raggio celeste
Quei vivi splendori,
Che infondon nei cori
Amor, voluttà!

Elena e Procida s'allontanano perdendosi nella folla; mentre le coppie danzanti passeggiano nelle sale ed i rinfreschi sono d'intorno serviti. Monforte s'avvicina ad Arrigo, che si trova solo sul davanti della scena.

SCENA VII

Monforte, Arrigo, poi tutti

MONFORTE
ad Arrigo
di tal piacer per te novelli, pago
Sei tu?

ARRIGO
a mezza voce
Per te fatale aura qui spira,
Va!

MONFORTE
Che temer degg'io
Nelle mie stanze?

ARRIGO
Io dir nol posso!...
eppure!...
Ancor ti prego! vanne!
Pavento pe' tuoi giorni!

MONFORTE
con gioia
E a mia salvezza or vegli e per me tremi?
Ah s'apre alfin quell'anirna
Al mio paterno affetto!
Gli errori tuoi dimentico,
Vien che ti stringa al petto!

ARRIGO
T'arretra!

MONFORTE
freddamente
Io resto allor!

ARRIGO
con calore
 Incauto! e tu cadrai
Segno a vendetta lor!

MONFORTE
Non l'oseran giammai!

ARRIGO
portando la mano al.petto
Su questo segno... miralo!...
Io pur giurava...
MONFORTE
Invano!
Segno del disonor!
gli strappa il nastro
Io te lo strappo, insano!
Gesto di sdegno d'Arrigo
Fremi? - dei tradimenti
Tutto l'orror tu senti;
Il veggo! il franco sangue
Nel sen ti ferve ancor!

ARRIGO
con calore
No, no, non è colpevole
Chi serve al patrio onor!
Ma tu, deh! m'odi; involati;
Ai voti miei deh! cedi;
Vanne!

MONFORTE
Sperarlo è inutile!

ARRIGO
scorgendo parecchi gruppi di Siciliani che vanno avvicinandosi
Già a te s'appressan... vedi!
Già ti circondan... eccoli!
Brillan gli acciar su te!

PROCIDA
ed i suoi circondano Monforte ed a voce bassa
Feriamo, questo l'ultimo
Dì pei Francesi egli è.
A noi, a noi, Sicilia!...

ARRIGO
Fermate!

MONFORTE
Francia, a me!

Elena, che ha preceduto Procida, si è nel tumulto lanciata la prima per ferir Monforte. Arrigo si getta innanzi a lui, facendogli scudo nel suo petto. A tal vista Elena s'arresta e con spavento lascia cadere il pugnale. I Francesi sono accorsi alla voce del proprio capo traendo le spade e facendogli corona.

MONFORTE
a Bethune e Vaudemont
Tra ceppi, olà, si adduca ognun che fregio
Orna simil.
Mostrando il nastro di Procida
La morte a lor! Costui
additando Arrigo
Sia salvo! io pregio in lui
Lealtà di nemico!

PROCIDA
a parte
(Oh tradimento!)

MONFORTE
Ei protesse i miei dì! svelò le trame
che varranno ai felloni il ceppo infame!

PROCIDA, ELENA, DANIELI E SICILIANI
mostrando Arrigo
Colpo orrendo, inaspettato!
Ei sì perfido, sì ingrato!
Gli sia pena il suo rossor!
Onta al vile, al traditor!
con entusiasmo e sommo sdegno
O patria adorata,
Mio primo sospiro,
Ti lascio prostrata
Nel sangue, nel duol!
Il santo tuo spiro
Più bello s'accenda,
E fosca a lui renda
mostrando Arrigo
La luce del sol!
A voi l'infamia,
La gloria a me.

ARRIGO
Nel mio petto esterrefatto
Cessò il battito del cor!
L'onta rea di tal misfatto
Fa palese il mio rossor!
Per colpa del fato
In preda al delirjo,
Di sangue bagnato
Ho il patrio mio suol!
O speme! il tuo spiro
Nel seno è già spento;
Non veggo, non sento
Che lutto, che duol!
A lor la gloria,
L'infamia a me.

FRANCESI
Dio possente, a te la lode
Salga umil dai nostri cor!
Ché salvasti il sen del prode
Dal pugnai de' traditor!

MONFORTE, FRANCESI
ad Arrigo
Rivolgi ora grato
A Francia il sospiro!
Dell'Eden beato
E specchio il suo suol!
Più nobil desiro
Il petto t'accenda,
E viva a te splenda
La luce del sol!
A voi l'infamia,
La gloria a me!

ARRIGO
avvicinandosi ad Elena, a Procida ed agli altri Siciliani
Donna!... pietade, amici!
Vi muova il mio dolor!

PROCIDÀ, SICILIANI
respingendolo
No, no; mente l'iniquo - Indietro il traditor!

MONFORTE
Io ti saprò difendere...
Lieto con me vivrai!

ARRIGO
con accento disperato
No! lasciami!... giammai!

PROCIDA
con sprezzo
Or, che quell'empio - è scudo a te,
Di doppia infamia - segno sarai.
verso i compagni
A noi la gloria -la morte a te!

PROCIDA, ELENA, DANIELI, SICILIANI
O patria adorata,
Mio primo sospiro,
Ti lascio prostrata
Nel sangue, nel duol!
Il santo tuo spiro
Più bello s'accenda,
E fosca a lui splenda
La luce del sol!
A voi l'infamia,
La gloria a me!

ARRIGO
Per colpa del fato
In preda al delirio,
Di sangue bagnato
Ho il patrio mio suol.
O speme! il tuo spiro
Nel seno è già spento;
Non veggo, non sento
Che lutto, che duol!
A lor la gloria,
L'infamia a me!

MONFORTE, FRANCESI
Rivolgi ora grato
A Francia il Sospiro!
Dell'Eden beato
È specchio il suo suol!
Più nobil desiro
Il petto t'accenda,
E viva a te spienda
La luce del sol!
A voi l'infamia,
La gloria a me!

A un gesto di Monforte, vengon trascinati via Procida, Elena ed i Siciliani. Arrigo vuol correre dietro loro, Monforte il trattiene. Procida ed Elena lo respingono con disprezzo nel mentre ch'egli loro tende le mani in atto di supplicare. Oppresso, annichilito, Arrigo vacilla e cade nelle braccia di Monforte.
Cala il sipario.


 
Contents: Personaggi; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo; Atto Quarto; Atto Quinto

 Print-frendly

comments powered by HyperComments