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Rigoletto” by Giuseppe Verdi libretto (Italian)

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Contents: Personaggio; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo
ATTO PRIMO

Scena prima

Mantova. Sala magnifica nel palazzo ducale
(Porte nel fondo mettono ad altre sale, pure
splendidamente illuminate; folla di cavalieri e dame in
gran costume nel fondo delle sale; paggi che vanno e
vengono. La festa è nel suo pieno. Musica interna da
lontano. Il Duca e Borsa vengono da una porta del
fondo.)


DUCA
Della mia bella incognita borghese
toccare il fin dell’avventura voglio.

BORSA
Di quella giovin che vedete al tempio?

DUCA
Da tre mesi ogni festa.

BORSA
La sua dimora?

DUCA
In un remoto calle;
misterioso un uom v’entra ogni notte.

BORSA
E sa colei chi sia l’amante suo?

DUCA
Lo ignora.
(Un gruppo di dame e cavalieri attraversano la sala.)

BORSA
Quante beltà! Mirate.

DUCA
Le vince tutte di Cepran la sposa.

BORSA
Non v’oda il Conte, o Duca!

DUCA
A me che importa?

BORSA
Dirlo ad altra ei potria.

DUCA
Né sventura per me certo saria.
Questa o quella per me pari sono
a quant’altre d’intorno mi vedo;
del mio core l’impero non cedo
meglio ad una che ad altra beltà.
La costoro avvenenza è qual dono
di che il fato ne infiora la vita;
s’oggi questa mi torna gradita
forse un’altra doman lo sarà.
La costanza, tiranna del core,
detestiamo qual morbo crudele.

Sol chi vuole si serbi fedele;
non v’è amor se non v’è libertà.
De’ mariti il geloso furore,
degli amanti le smanie derido;
anco d’Argo i cent’occhi disfido
se mi punge una qualche beltà.
(Entra il Conte di Ceprano che segue da lungi la sua
sposa servita da altro cavaliere; dame e signori che
entrano da varie parti.)

DUCA
(alla signora di Ceprano movendo ad incontrarla con
molta galanteria)
Partite? Crudele!

CONTESSA DI CEPRANO
Seguire lo sposo m’è forza a Ceprano.

DUCA
Ma dee luminoso
in corte tal astro qual sole brillare.
Per voi qui ciascuno dovrà palpitare.
Per voi già possente la fiamma d’amore
inebria, conquide, distrugge il mio core.

CONTESSA
Calmatevi!

DUCA
La fiamma d’amore inebria, ecc.

CONTESSA
Calmatevi!
(Il Duca le dà il braccio ed esce con lei. Entra Rigoletto
che s’incontra nel signor di Ceprano, poi cortigiani.)

RIGOLETTO
In testa che avete,
Signor di Ceprano?
(Ceprano fa un gesto d’impazienza e segue il Duca.
Rigoletto dice ai cortigiani:)
Ei sbuffa, vedete?

BORSA, CORO
Che festa!

RIGOLETTO
Oh sì...

BORSA, CORO
Il Duca qui pur si diverte!

RIGOLETTO
Così non è sempre? che nuove scoperte!
Il giuoco ed il vino, le feste, la danza,
battaglie, conviti, ben tutto gli sta.
Or della Contessa l’assedio egli avanza,
e intanto il marito fremendo ne va.
(Esce. Entra Marullo premuroso.)

MARULLO
Gran nuova! Gran nuova!

CORO
Che avvenne? parlate!

MARULLO
Stupir ne dovrete!

CORO, BORSA
Narrate, narrate.

MARULLO
Ah! ah! Rigoletto...

CORO, BORSA
Ebben?

MARULLO
Caso enorme!

CORO, BORSA
Perduto ha la gobba? non è più difforme?

MARULLO
Più strana è la cosa! Il pazzo possiede...

CORO, BORSA
Infine?

MARULLO
Un’amante.

CORO, BORSA
Un’amante! Chi il crede?

MARULLO
Il gobbo in Cupido or s’è trasformato.

CORO, BORSA
Quel mostro? Cupido!...Cupido beato!
(Ritorna il Duca seguito da Rigoletto, poi da Ceprano.)

DUCA (a Rigoletto)
Ah, più di Ceprano importuno non v’è!
La cara sua sposa è un angiol per me!

RIGOLETTO
Rapitela.

DUCA
È detto; ma il farlo?

RIGOLETTO
Stasera.

DUCA
Non pensi tu al Conte?

RIGOLETTO
Non c’è la prigione?

DUCA
Ah, no.

RIGOLETTO
Ebben, s’esilia.

DUCA
Nemmeno, buffone.

RIGOLETTO (indicando di farla tagliare)
Allora la testa...

CEPRANO (fra sé)
Quell’anima nera!

DUCA (battendo colla mano una spalla al Conte)
Che di’, questa testa?

RIGOLETTO
È ben naturale.
Che fare di tal testa?...A cosa ella vale?

CEPRANO (infuriato, brandendo la spada)
Marrano!

DUCA (a Ceprano)
Fermate!

RIGOLETTO
Da rider mi fa.

MARULLO, CORO (tra loro)
In furia è montato!

DUCA (a Rigoletto)
Buffone, vien qua.

BORSA, MARULLO, CORO
In furia è montato!

DUCA
Ah, sempre tu spingi lo scherzo all’estremo.
Quell’ira che sfidi colpirti potrà.

CEPRANO (ai cortigiani a parte)
Vendetta del pazzo!

RIGOLETTO
Che coglier mi puote? Di loro non temo;
del Duca un protetto nessun toccherà.

CEPRANO
Contr’esso un rancore
di noi chi non ha?
Vendetta!

BORSA, MARULLO, CORO (a Ceprano)
Ma come?

CEPRANO
In armi chi ha core
doman sia da me.

BORSA, MARULLO, CORO
Sì.

CEPRANO
A notte.

BORSA, MARULLO, CORO
Sarà.

RIGOLETTO
Che coglier mi puote? ecc.

DUCA
Ah, sempre tu spingi lo scherzo, ecc.

BORSA, CEPRANO, MARULLO, CORO
Vendetta del pazzo!
Contr’esso un rancore
pei tristi suoi modi
di noi chi non ha?
Sì, vendetta! ecc.
Sì, vendetta!

DUCA, RIGOLETTO
Tutto è gioia, tutto è festa!
(La folla de’ danzatori invade la scena.)

TUTTI
Tutto è gioia, tutto è festa!
Tutto invitaci a goder!
Oh, guardate, non par questa
or la reggia del piacer?
(Entra il Conte di Monterone.)

MONTERONE
Ch’io gli parli.

DUCA
No.

MONTERONE (avanzando)
Il voglio.

BORSA, RIGOLETTO, MARULLO, CEPRANO, CORO
Monterone!

MONTERONE
(fissando il Duca, con nobile orgoglio)
Sì, Monteron. La voce mia qual tuono
vi scuoterà dovunque...

RIGOLETTO
(al Duca, contraffacendo la voce di Monterone)
Ch’io gli parli.
(Si avanza con ridicola gravità.)
Voi congiuraste contro noi, signore,
e noi, clementi invero, perdonammo.

Qual vi piglia or delirio a tutte l’ore
di vostra figlia a reclamar l’onore?

MONTERONE
(guardando Rigoletto con ira sprezzante)
Novello insulto!
(al Duca)
Ah sì, a turbare
sarò vostr’orgie; verrò a gridare
fino a che vegga restarsi inulto
di mia famiglia l’atroce insulto;
e se al carnefice pur mi darete,
spettro terribile mi rivedrete,
portante in mano il teschio mio,
vendetta chiedere al mondo e a Dio.

DUCA
Non più, arrestatelo.

RIGOLETTO
È matto.

CORO
Quai detti!

MONTERONE (al Duca e Rigoletto)
Oh, siate entrambi voi maledetti!

BORSA, MARULLO, CEPRANO, CORO
Ah!

MONTERONE
Slanciare il cane a leon morente
è vile, o Duca.

(a Rigoletto)
E tu, serpente,
tu che d’un padre ridi al dolore,
sii maledetto!

RIGOLETTO (da sé, colpito)
Che sento! orrore!

TUTTI (meno Rigoletto)
(a Monterone)
O tu che la festa audace hai turbato
da un genio d’inferno qui fosti guidato;
è vano ogni detto, di qua t’allontana,
va, trema, o vegliardo, dell’ira sovrana, ecc.

RIGOLETTO
Orrore!
Che orrore! ecc.

MONTERONE
Sii maledetto! E tu serpente! ecc.

TUTTI (meno Rigoletto)
Tu l’hai provocata, più speme von v’è,
un’ora fatale fu questa per te.
(Monterone parte fra due alabardieri; tutti gli altri
seguono il Duca in altra stanza.)

Scena 2

L’estremità d’una via cieca
(A sinistra, una casa di discreta apparenza con una
piccola corte circondata da mura. Nella corte un
grosso ed alto albero ed un sedile di marmo; nel muro,
una porta che mette alla strada; sopra il muro, un
terrazzo sostenuto da arcate. La porta del primo piano
dà sul detto terrazzo, a cui si ascende per una scala di
fronte. A destra della via è il muro altissimo del
giardino e un fianco del palazzo di Ceprano. È notte.
Entra Rigoletto chiuso nel suo mantello; Sparafucile lo
segue, portando sotto il mantello una lunga spada.)


RIGOLETTO (da sé)
Quel vecchio maledivami!

SPARAFUCILE
Signor?...

RIGOLETTO
Va, non ho niente.

SPARAFUCILE
Né il chiesi: a voi presente
un uom di spada sta.

RIGOLETTO
Un ladro?

SPARAFUCILE
Un uom che libera
per poco da un rivale,
e voi ne avete.

RIGOLETTO
Quale?

SPARAFUCILE
La vostra donna è là.

RIGOLETTO (da sé)
Che sento!
(a Sparafucile)
E quanto spendere
per un signor dovrei?

SPARAFUCILE
Prezzo maggior vorrei.

RIGOLETTO
Com’usasi pagar?

SPARAFUCILE
Una metà s’anticipa, il resto si dà poi.

RIGOLETTO (da sé)
Demonio!
(a Sparafucile)
E come puoi
tanto securo oprar?

SPARAFUCILE
Soglio in cittade uccidere,
oppure nel mio tetto.
L’uomo di sera aspetto;
una stoccata e muor.

RIGOLETTO (da sé)
Demonio!
(a Sparafucile)
E come in casa?

SPARAFUCILE
È facile.
M’aiuta mia sorella.
Per le vie danza...è bella...
Chi voglio attira, e allor...

RIGOLETTO
Comprendo.

SPARAFUCILE
Senza strepito...

RIGOLETTO
Comprendo.

SPARAFUCILE
È questo il mio strumento.
(Mostra la spada.)
Vi serve?

RIGOLETTO
No...al momento.

SPARAFUCILE
Peggio per voi.

RIGOLETTO
Chi sa?

SPARAFUCILE
Sparafucil mi nomino.

RIGOLETTO
Straniero?

SPARAFUCILE (per andarsene)
Borgognone.

RIGOLETTO
E dove all’occasione?

SPARAFUCILE
Qui sempre a sera.

RIGOLETTO
Va.

SPARAFUCILE
Sparafucil, Sparafucil.
(Sparafucile parte.)

RIGOLETTO (guarda dietro a Sparafucile)
Va, va, va, va.
Pari siamo!...io la lingua,
egli ha il pugnale.
L’uomo son io che ride,
ei quel che spegne!
Quel vecchio maledivami...
O uomini! o natura!
Vil scellerato mi faceste voi!
O rabbia! esser difforme, esser buffone!
Non dover, non poter altro che ridere!
Il retaggio d’ogni uom m’è tolto, il pianto.

Questo padrone mio,
giovin, giocondo, sì possente, bello,
sonnecchiando mi dice:
Fa ch’io rida, buffone!
Forzarmi deggio e farlo! Oh dannazione!
Odio a voi, cortigiani schernitori!
Quanta in mordervi ho gioia!
Se iniquo son, per cagion vostra è solo.
Ma in altr’uomo qui mi cangio!...
Quel vecchio maledivami!...Tal pensiero
perché conturba ognor la mente mia?
Mi coglierà sventura?
Ah no, è follia!
(Apre con chiave ed entra nel cortile. Gilda esce dalla
casa e si getta nelle sue braccia.)
Figlia!

GILDA
Mio padre!

RIGOLETTO
A te d’appresso
trova sol gioia il core oppresso.

GILDA
Oh, quanto amore, padre mio!

RIGOLETTO
Mia vita sei!
Senza te in terra qual bene avrei?
Ah, figlia mia!

GILDA
Voi sospirate! che v’ange tanto?
Lo dite a questa povera figlia.
Se v’ha mistero, per lei sia franto:
ch’ella conosca la sua famiglia.

RIGOLETTO
Tu non ne hai.

GILDA
Qual nome avete?

RIGOLETTO
A te che importa?

GILDA
Se non volete
di voi parlarmi...

RIGOLETTO (interrompendola)
Non uscir mai.

GILDA
Non vo che al tempio.

RIGOLETTO
Oh, ben tu fai.

GILDA
Se non di voi, almen chi sia
fate ch’io sappia la madre mia.

RIGOLETTO
Deh, non parlare al misero
del suo perduto bene.

Ella sentia, quell’angelo,
pietà delle mie pene.
Solo, difforme, povero,
per compassion mi amò.
Morìa...le zolle coprano
lievi quel capo amato.
Sola or tu resti al misero...
O Dio, sii ringraziato!

GILDA (singhiozzando)
Oh quanto dolor! che spremere
sì amaro pianto può?
Padre, non più, calmatevi...
Mi lacera tal vista.

RIGOLETTO
Tu sola resti al misero, ecc.

GILDA
Il nome vostro ditemi,
il duol che sì v’attrista.

RIGOLETTO
A che nomarmi? è inutile!
Padre ti sono, e basti.
Me forse al mondo temono,
d’alcuno ho forse gli asti.
Altri mi maledicono...

GILDA
Patria, parenti, amici
voi dunque non avete?

RIGOLETTO
Patria! parenti! amici!
Culto, famiglia, la patria,
il mio universo è in te!

GILDA
Ah, se può lieto rendervi,
gioia è la vita a me!

RIGOLETTO
Culto, famiglia, ecc.

GILDA
Già da tre lune son qui venuta
né la cittade ho ancor veduta;
se il concedete, farlo or potrei...

RIGOLETTO
Mai! mai! Uscita, dimmi, unqua sei?

GILDA
No.

RIGOLETTO
Guai!

GILDA (da sé)
Ah! Che dissi!

RIGOLETTO
Ben te ne guarda!
(da sé)
Potrien seguirla, rapirla ancora!
Qui d’un buffone si disonora
la figlia e se ne ride...Orror!

(forte)
Olà?
(Giovanna esce dalla casa.)

GIOVANNA
Signor?

RIGOLETTO
Venendo mi vede alcuno?
Bada, di’ il vero.

GIOVANNA
Oh, no, nessuno.

RIGOLETTO
Sta ben. La porta che dà al bastione
è sempre chiusa?

GIOVANNA
Ognor si sta.

RIGOLETTO
Bada, di’ il ver.
Ah, veglia, o donna, questo fiore
che a te puro confidai;
veglia, attenta, e non fia mai
che s’offuschi il suo candor.
Tu dei venti dal furore
ch’altri fiori hanno piegato,
lo difendi, e immacolato
lo ridona al genitor.

GILDA
Quanto affetto! quali cure!
Che temete, padre mio?

Lassù in cielo presso Dio
veglia un angiol protettor.
Da noi stoglie le sventure
di mia madre il priego santo;
non fia mai disvelto o franto
questo a voi diletto fior.
(Il Duca in costume borghese viene dalla strada.)

RIGOLETTO
Ah, veglia, o donna, questo fiore
che a te puro confi...
Alcun v’è fuori!
(Apre la porta della corte e, mentre esce a guardar
sulla strada, il Duca guizza furtivo nella corte e si
nasconde dietro l’albero; gettando a Giovanna una
borsa la fa tacere.)

GILDA
Cielo!
Sempre novel sospetto!

RIGOLETTO (a Giovanna tornando)
Alla chiesa vi seguiva mai nessuno?

GIOVANNA
Mai.

DUCA (da sé)
Rigoletto!

RIGOLETTO
Se talor qui picchian,
guardatevi d’aprire...

GIOVANNA
Nemmeno al Duca?

RIGOLETTO
Non che ad altri a lui.
Mia figlia, addio.

DUCA (da sé)
Sua figlia!

GILDA
Addio, mio padre.

RIGOLETTO
Ah! veglia, o donna, ecc.
Figlia, addio!

GILDA
Oh, quanto affetto! ecc.
Mio padre, addio!
(S’abbracciano e Rigoletto parte chiudendosi dietro la
porta. Gilda, Giovanna e il Duca restano nella corte.)

GILDA
Giovanna, ho dei rimorsi...

GIOVANNA
E perché mai?

GILDA
Tacqui che un giovin
ne seguiva al tempio.

GIOVANNA
Perché ciò dirgli? L’odiate dunque
cotesto giovin, voi?

GILDA
No, no, ché troppo è bello
e spira amore.

GIOVANNA
E magnanimo sembra e gran signore.

GILDA
Signor né principe io lo vorrei;
sento che povero più l’amerei.
Sognando o vigile sempre lo chiamo,
e l’alma in estasi gli dice: t’a...

DUCA
(esce improvviso, fa cenno a Giovanna d’andarsene, e
inginocchiandosi ai piedi di Gilda termina la frase)
T’amo!
T’amo; ripetilo sì caro accento:
un puro schiudimi ciel di contento!

GILDA
Giovanna? Ahi, misera! Non v’è più alcuno
che qui rispondami! Oh Dio! nessuno?

DUCA
Son io coll’anima che ti rispondo.
Ah, due che s’amano son tutto un mondo!

GILDA
Chi mai, chi giungere vi fece a me?

DUCA
Se angelo o demone, che importa a te?
Io t’amo.

GILDA
Uscitene.

DUCA
Uscire!...adesso!...
Ora che accendene un fuoco istesso!
Ah, inseparabile d’amore il dio
stringeva, o vergine, tuo fato al mio!
È il sol dell’anima, la vita è amore,
sua voce è il palpito del nostro core.
E fama e gloria, potenza e trono,
umane, fragili qui cose sono,
una pur avvene sola, divina:
è amor che agl’angeli più ne avvicina!
Adunque amiamoci, donna celeste;
d’invidia agli uomini sarò per te.

GILDA (da sé)
Ah, de’ miei vergini sogni son queste
le voci tenere sì care a me! ecc.

DUCA
Amiamoci,
d’invidia agl’uomini sarò per te, ecc.
Che m’ami, deh, ripetimi.

GILDA
L’udiste.

DUCA
Oh, me felice!

GILDA
Il nome vostro ditemi...
Saperlo a me non lice?
(Ceprano e Borsa compariscono sulla strada.)

CEPRANO (a Borsa)
Il loco è qui.

DUCA (pensando)
Mi nomino...

BORSA (a Ceprano)
Sta ben.
(Ceprano e Borsa partono.)

DUCA
Gualtier Maldè.
Studente sono, e povero...

GIOVANNA (tornando spaventata)
Rumor di passi è fuori!

GILDA
Forse mio padre...

DUCA (da sé)
Ah, cogliere potessi il traditore
che sì mi sturba!

GILDA
Adducilo
di qua al bastione...or ite...

DUCA
Di’, m’amerai tu?

GILDA
E voi?

DUCA
L’intera vita...poi...

GILDA
Non più, non più...partite.

TUTT’E DUE
Addio! speranza ed anima
sol tu sarai per me.
Addio! vivrà immutabile
l’affetto mio per te.
Addio, ecc.
(Il Duca esce scortato da Giovanna. Gilda resta
fissando la porta ond’è partito.)

GILDA (sola)
Gualtier Maldè...nome di lui sì amato,
ti scolpisci nel core innamorato!
Caro nome che il mio cor
festi primo palpitar,
le delizie dell’amor
mi dêi sempre rammentar!
Col pensier il mio desir
a te sempre volerà,
e fin l’ultimo mio sospir,
caro nome, tuo sarà.
Col pensier, ecc.
(Sale al terrazzo con una lanterna.)
Gualtier Maldè!

(Marullo, Ceprano, Borsa, cortigiani, armati e
mascherati, vengono dalla via. Gilda entra tosto in
casa.)
Caro nome, ecc.

BORSA
È là.

CEPRANO
Miratela.

CORO
Oh quanto è bella!

MARULLO
Par fata od angiol.

CORO
L’amante è quella
di Rigoletto.
Oh, quanto è bella!
(Rigoletto, concentrato, entra.)

RIGOLETTO (da sé)
Riedo!...perché?

BORSA
Silenzio. All’opra...badate a me.

RIGOLETTO (da sé)
Ah, da quel vecchio fui maledetto!
(urta in Borsa)
Chi va là?

BORSA (ai compagni)
Tacete...c’è Rigoletto.

CEPRANO
Vittoria doppia! l’uccideremo.

BORSA
No, ché domani più rideremo.

MARULLO
Or tutto aggiusto...

RIGOLETTO
Chi parla qua?

MARULLO
Ehi, Rigoletto?...Di’?

RIGOLETTO
Chi va là?

MARULLO
Eh, non mangiarci!...Son...

RIGOLETTO
Chi?

MARULLO
Marullo.

RIGOLETTO
In tanto buio lo sguardo è nullo.

MARULLO
Qui ne condusse ridevol cosa...
Torre a Ceprano vogliam la sposa.

RIGOLETTO (da sé)
Ahimè! respiro!
(a Marullo)
Ma come entrare?

MARULLO (a Ceprano)
La vostra chiave!
(a Rigoletto)
Non dubitare.
Non dee mancarci lo stratagemma...
(Gli dà la chiave avuta da Ceprano.)
Ecco la chiave.

RIGOLETTO (palpando)
Sento il suo stemma.
(da sé)
Ah, terror vano fu dunque il mio!
(a Marullo)
N’è là il palazzo. Con voi son io.

MARULLO
Siam mascherati...

RIGOLETTO
Ch’io pur mi mascheri;
a me una larva.

MARULLO
Sì, pronta è già.

(Gli mette una maschera e nello stesso tempo lo benda
con un fazzoletto, e lo pone a reggere una scala, che
hanno appostata al terrazzo.)

Terrai la scala.

RIGOLETTO
Fitta è la tenebra.

MARULLO
La benda cieco e sordo il fa.

CORO
Zitti, zitti, moviamo a vendetta;
ne sia colto or che meno l’aspetta.
Derisore sì audace e costante
a sua volta schernito sarà!
Cheti, cheti, rubiamgli l’amante
e la Corte doman riderà.
Cheti, cheti, ecc.
Derisore sì audace, ecc.
Zitti, zitti, zitti, zitti,
cheti, cheti, cheti, cheti,
attenti all’opra, all’opra.
(Alcuni salgono al terrazzo, rompono la porta del primo
piano, scendono, aprono ad altri che entrano dalla
strada e riescono trascinando Gilda, la quale ha la
bocca chiusa da un fazzoletto; nel traversare la scena
ella perde una sciarpa.)

GILDA (da lontano)
Soccorso, padre mio!

CORO (da lontano)
Vittoria!

GILDA (più lontano)
Aita!

RIGOLETTO
Non han finito ancor!...qual derisione!
(Si tocca gli occhi.)
Sono bendato!
Gilda!...Gilda!
(Si strappa impetuosamente la benda e la maschera, ed
al chiarore d’una lanterna scordata riconosce la
sciarpa, vede la porta aperta: entra, ne trae Giovanna
spaventata; la fissa con istupore, si strappa i capelli
senza poter gridare; finalmente, dopo molti sforzi,
esclama:)
Ah! la maledizione!
(Sviene.)

libretto by Francesco Maria Piave 
Contents: Personaggio; Atto Primo; Atto Secondo; Atto Terzo

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